Via Zamboni, a un tiro di fionda dalle Due Torri, sul campanello c’è scritto SB. Che vuol dire Stefano Bonaga, filosofo e docente a Scienze della Formazione. Uomo di cultura, uomo di traverso, uomo da sempre fra Bologna e il mondo. Parte con una battuta. "Suona SB sul campanello, che purtroppo sono anche le iniziali di Silvio Berlusconi…". Chiacchiere nel terrazzino sui tetti rossi, perché non fa freddo.
Stefano, perché adesso si associa al Pd la parola ‘snob’?
"Mi diverte una cosa. Apprezzo l’espressione radical-chic, che viene usata normalmente in maniera offensiva. Spero che qualcuno me lo dica per rispondere il contrario e cioè ’superficial-cafone’. Perché il pensiero dovrebbe essere radicale e anche elegante. Non c’è niente di male".
Sì ma snob? Non è un bel termine.
"È vero che il Pd ha raccolto molti voti nelle zone ricche. D’accordo, ma dico una cosa seria. Fra sinistra e destra c’è una struttura insopprimibile. La destra è un paradigma della politica in cui c’è uno a cui si dà la fiducia e che guida i cittadini passivi. Il modello della sinistra è qualcuno che coinvolge i cittadini nell’attività del processo della democrazia. La deriva dei partiti che hanno rinunciato alla loro funzione di sollecitazione alla costruzione della società da parte dei cittadini, produce questa impotenza della politica".
La sinistra ha perso il senso di sinistra, vuoi dire?
"Essere di sinistra non è dire qualcosa di sinistra. Adesso la destra in fondo adotta lo stesso modello di costruzione della società coi cittadini. Il Pd ha rinunciato a questo ed è la sua debolezza. Una volta lavoravi 20 anni sul territorio e andavi in parlamento. Oggi invece si pesca così, molto a caso".
Quindi il Pd cos’è diventato?
"Hai presente un taxista senza macchina? Ecco. Cosa fa lei? Il taxista. E il taxi dov’è? Non ce l’ho. Il gruppo dirigente è un gruppo che dirige se stesso. E non ha la macchina".
Ma perchè adesso si va dalla D’Urso a dire le cose?
"A me dispiace parlare delle persone. Ma io trovo la D’Urso un soggetto pericoloso per la coscienza pubblica. È il gioco della sollecitazione del peggio dell’umano, l’aggressività, il giudizio facile, il pettegolezzo da quattro soldi. Credo sia stata una grave caduta di Zingaretti. Contento lui, scontenti noi".
Noti una discendenza berlusconiana in questo modo di fare tv e politica in tv?
"Assolutamente. Berlusconi è stato fondamentalmente un venditore di tappeti. Il mio tappeto è il migliore, il cliente ha sempre ragione, voglio piacergli e seguo il suo desiderio immediato. Questo è il contrario del senso di responsabilità. Nel non responsabilizzare i cittadini, ma considerarli puri consumatori".
Ti è sempre piaciuto considerarti un comunista…
"Certo. Nel concetto infantile di Marx. Anche perché il comunismo non c’è mai stato. Marx diceva: ‘Il comunismo è una società nella quale sarà dato a ciascuno secondo i propri bisogni e a ciascuno sarà chiesto secondo le proprie capacità’. Se non sviluppiamo la seconda parte di questa definizione, non si va da nessuna parte. E invece ci si affeziona al ritornello televisivo di vedere gente non preparata che dice sempre la stessa cosa".
Il famoso problema della competenza.
"La competenza è un processo, i competenti si formano, nessuno nasce competente. Si studiava una volta, ma sul campo, non solo sui libri e con le teorie. Con l’esperienza nascevano i bravi politici".
Come dice Mourinho: chi sa di calcio non sa niente di calcio…
"Esattamente. È il dramma che rende impotente la politica. Le macchine più raffinate, senza benzina, non vanno. La benzina sono i cittadini. E i salotti, a tutti i livelli, non devono essere esibizioni di sé, ma confronto di sé con gli altri. Mi piace usare una metafora. Se tu vai in un bar e chiedi un bicchiere di vino e sa di tappo, l’oste va in magazzino dove ci sono tremila bottiglie e te ne porta una buona. Ma se questa politica sa di tappo dov’è il magazzino con tremila bottiglie? Non c’è. La devi rifornire di bottiglie".
Insomma, se dovessi dare una definizione del Pd oggi?
"Te l’ho detto: un gruppo di tassisti senza taxi".