Roma, 22 febbraio 2020 - Se la politica fosse un gioco della torre, l’unica a salvarsi sarebbe Giorgia Meloni. Se si trattasse di scegliere il sindaco d’Italia, sarebbe ancora lei a vincere: secondo il sondaggio di Antonio Noto pubblicato ieri dal nostro giornale, uno dopo l’altro la Meloni farebbe fuori tutti i suoi rivali. Forse una sorpresa per molti, non per la leader di Fd’I. Che ci va giù piatta: "Sono una persona decisa – racconta – che afferma le proprie idee con risolutezza. Ma sono anche rigida con me stessa, con le mie scelte e con gli altri. Dico sempre quello che penso, non prometto cose irrealizzabili, non parlo attraverso slogan ma cerco di essere chiara". Bisogna capire se, al dunque, gli italiani sceglierebbero una donna. "Mi auguro di sì – continua – del resto alle donne affidano di solito la gestione di tutto ciò che è più prezioso: la famiglia, i figli e la casa. Le donne spesso sono vittime di tabù, perché non tutte credono di poter competere con gli uomini. Io sono pronta a misurarmi e dove arriverà Fratelli d’Italia lo decideranno i cittadini".
Ma gli alleati nel centrodestra come la prendono? Dalle parti della Lega con una risata fragorosa: "Voglio proprio vedere", sghignazza Riccardo Molinari, capo dei deputati del Carroccio. E’ opinione comune a via Bellerio che la fiducia della Meloni sia ingigantita dai media quasi fosse una sorta "di Fini dei nostri tempi". L’ex leader di An – si ragiona – veniva utilizzato per buttare giù Berlusconi, lei per ridimensionare Salvini e per dividere il centrodestra. Punto di vista su cui conviene il senatore forzista Malan: "Le persone in parte sono condizionate dal messaggio che passa – afferma – Indubbiamente Giorgia si è fatta meno antipatie di Matteo; lui piace a tanti, però c’è pure chi dice che è rude, estremista, “citofonista”". In questo quadro, Molinari non ha dubbi: "La leadership di Salvini non è in discussione: è stata decisa dai voti veri nelle urne, non dai sondaggi. E i voti continuano a confermare che la Lega non solo è il primo partito del centrodestra, ma anche il primo partito nel Paese".
Naturalmente, la premessa è che si faccia il sindaco d’Italia. La proposta lanciata da Renzi, come emerge dall’indagine di Noto, piace agli italiani e ci mancherebbe altro: "E’scontato sia così – spiega Stefano Ceccanti, costituzionalista nonché deputato Pd – è chiaro che i cittadini quando vanno al seggio vogliono capire che effetto ha il loro voto sia sul Parlamento sia sul governo. A maggior ragione se il sistema è confuso". Ma quando dalla teoria si passa alla praticabilità di questa ipotesi il gioco diventa molto più complesso perché non basta stabilire l’elezione diretta del premier, bisognerebbe cambiare la Costituzione. In soldoni: attualmente, il potere di sciogliere le Camere appartiene al Capo dello Stato ed è lui che incarica il presidente del consiglio di formare il governo. In quel caso, invece, la scelta spetterebbe al popolo. Insomma, per arrivare a dama, ci sarebbe da metter mano alla carta costituzionale. C’è questa voglia? Al momento non si vedono molti segnali in questa direzione. Del resto, sono quarant’anni che, come un fiume carsico, il tema di dare maggiori poteri a chi governa con questo o quel modello viene sollevato per poi inabissarsi puntualmente senza un nulla di fatto.