Martedì 16 Luglio 2024
ROSALBA CARBUTTI
Politica

Fini, Alfano e Toti: i delfini (con o senza quid) divorati da Silvio

Corsi e ricorsi, Parisi è l'ultima vittima. Già nel 2013 il Cavaliere non lasciava speranza: "Eredi? Deve passare un'eternità"

Silvio Berlusconi (Newpresse)

Silvio Berlusconi (Newpresse)

Roma, 16 novembre 2016 - «È BRAVO, ma non scalda i cuori», diceva a metà settembre Silvio Berlusconi di Stefano Parisi, ultimo delfino designato. Un segnale di allontamento che, nel giro di due mesi, è diventato un benservito. Ma Parisi è solo l’ultimo di una lunga serie di potenziali ‘successori’ scaricati. Ma attenzione: nella rottamzione di Parisi non c’è alcunché di nuovo. Il copione è lo stesso dei precedenti. Fase uno: complimenti di quelli che scaldano il cuore dei pretendenti all’eredità (politica). Fase due: la distruzione dei delfini. In certi casi, si spiaggiano per sempre. In altri, hanno una seconda vita, lontani dal capo. Con questa sceneggiatura, tanti giovani e meno giovani leader di belle speranze, hanno avuto il medesimo destino. In più di vent’anni, infatti, il Cavaliere si è fatto la fama di padre che divora i propri figli, una specie di Conte Ugolino di dantesca memoria. C’è n’è una sfilza: Pierferdinando Casini, Gianfranco Fini, Raffaele Fitto e Giovanni Toti, giusto per ricordarne alcuni. E, per i cultori della materia, nei radar c’erano anche altre stelle, passate in poco tempo da luminose a cadenti (Formigoni, Pisanu, Tremonti, Letizia Moratti e via così).

QUESTIONE di quid? Non solo. Certo, nel caso di Alfano, quella dichiarazione del ‘padre’ Silvio, nel marzo 2012 («Angelino è bravo, ma gli manca il quid»), fu solo la prima avvisaglia di un ‘amore’ destinato a finire. Angelino, eterno numero due, però si vendicò nel pieno della caduta berlusconiana, nel novembre 2013, mollando capo e partito. Ma c’è anche chi, come Fini, venne mollato per eccesso di quid. L’ex leader di An, dopo il famoso discorso del predellino del novembre 2007 in cui Berlusconi creò il Pdl, iniziò a cannoneggiare il capo. E tutti sanno come finì. Assemblea del 2010, Fini si alzò dalla platea apostrofando Berlusconi: «Che fai, mi cacci?». Morale: l’ex leader di An se ne andò sbattendo la porta, creando Futuro e Libertà e poi stop. E dire che il 27 gennaio 2007 Silvio di lui diceva: «È il candidato più autorevole e prestigioso per la mia successione». Ma, si sa, il Cavaliere è facile a improvvisi innamoramenti e altrettanto repentine disillusioni. Solo due giorni prima, infatti, si era lasciato scappare tutto il contrario: «Fini manca di tatto, è altezzoso, non penso a lui come mio erede». Un esempio di queste giravolte a cui Silvio ha abituato delfini, fedelissimi e gregari? La ‘cotta’ politica per Raffaele Fitto, capo dei lealisti berlusconiani nei giorni tesi della scissione da Alfano. «È la mia protesi», diceva del leader pugliese. E ancora: «Un purosangue». «Esempio della nuova classe dirigente che deve nascere e crescere». Tempo un anno, Fitto viene apostrofato con un «sei come Gianfranco». E nel maggio 2015, l’ex pupillo fa le valigie, creando Conservatori e riformisti, formazione (questa sì) alla ricerca del quid. In un tourbillon di eredi senza futuro, a scalzare Fitto spunta (quasi) all’improvviso il direttore del Tg4 Giovanni Toti. L’immagine non è delle migliori: lui in tuta bianca al fianco del Cavaliere sul balcone di una costosa beauty farm del Garda. Ciò nonostante, diventa consigliere politico e poi governatore della Liguria. Ma, quasi al fotofinish, si ritrova scalzato da Stefano Parisi.

DEL RESTO, anche Toti per Berlusconi non era quello giusto, visto che con una battuta lo paragonò addirittura al suo cagnolino: «Tutto quello che tocco diventa famoso... pensate a quello che è successo a Dudù e anche a Toti...». Toti non se ne curò, ma conosciamo l’epilogo. D’altra parte, per capire quasi «psicologicamente» l’atteggiamento di Berlusconi, basta tornare indietro al 2003. In lista d’attesa per la successione ci sono i soliti Fini e Casini. Silvio, già allora, fa capire quale sarà la loro fine: «Il mio delfino? Deve ancora passare molto tempo...». Quanto? «Un’eternità».