Dal biomedicale al packaging, dall’agricoltura al commercio al dettaglio. Le trasformazioni imposte dall’Europa e da governi che negli anni si sono alternati con fortune altrettanto alterne rischiano di minare la nostra economia. Partiamo dal distretto del packaging, uno dei più forti della nostra zona. Parlare di packaging e imballaggi è soprattutto muoversi fra storie di famiglia. E dalle grandi famiglie che hanno fatto la storia dell’industria bolognese e italiana, si arriva alle famiglie (migliaia, visti i numeri del settore) che al packaging devono stipendi, giornate di lavoro e vite migliori. L’abbiamo detto più volte e lo ripetiamo: non è un caso che proprio nel distretto del packaging il welfare aziendale, gli accordi di secondo e terzo livello e l’attenzione ai diritti e ai tempi di vita dei dipendenti abbiano raggiunto livelli altissimi. Veniamo da una pandemia globale, da due guerre (di cui una pare infinita), da trasformazioni climatiche che nessuno può negare e da un cambio d’atteggiamento della popolazione su temi fondamentali. Tutto questo si scontra con la miopia di amministrazioni che scambiano un concetto con l’altro. Cerco di spiegarmi: sta passando il messaggio che gli imprenditori non vogliono la transizione ecologica. Beh, come ha anche ricordato di recente Maurizio Marchesini, penso non sia proprio così. Credere che il mondo delle imprese non sia consapevole che questa transizione debba essere realizzata è folle e criminale. Ciò che davvero va ribattuto, dibattuto e anche contestato con forza è l’impostazione ideologica di chi impone norme fuori dal tempo. L’Unione finisce per depredare e polverizzare il sistema produttivo, con conseguenze economiche e sociali devastanti. Dall’agroalimentare alla farmaceutica fino all’automotive, si rischiano colpi durissimi.
PoliticaSe l’ideologia mette tutto a rischio