Lunedì 24 Marzo 2025
ANTONELLA COPPARI
Politica

Tregua armata nel governo, diktat di Meloni: abbassate i toni

I partiti seguono l’invito (per ora). Giovedì la premier vola a Parigi per ascoltare le proposte dei partner europei. Il professor Orsina: “Salvini continuerà a tendere l’elastico senza andare alla crisi”

Tregua armata nel governo, diktat di Meloni: abbassate i toni

Roma, 25 marzo 2025 – Abbassare i toni. Evitare di esporre il fianco a facili critiche da parte delle opposizioni che cercano di affondare su divisioni del governo che “nei fatti”, alla prova del voto, alla fine non si sono mai verificate. Dopo un fine settimana rissoso i partiti della maggioranza frenano e seguono l’invito che, si racconta in ambienti della maggioranza, Giorgia Meloni ha indirizzato ai suoi vice. Lo scenario internazionale è complicato e in continua evoluzione e bisogna rimanere concentrati. E compatti. Anche in vista del nuovo round dei “volenterosi” convocati di nuovo a Parigi per giovedì, dove la premier tornerà per “ascoltare” le proposte dei partner e per ribadire la sua posizione, già espressa nelle scorse settimane a tutti i tavoli.

La premier continuerà a insistere sulla necessità, prima di ipotizzare forze di peacekeeping, di fissare quelle garanzie di sicurezza per l’Ucraina indispensabili per assicurare un accordo di pace “non violabile”. Più che le incursioni di Salvini e le liti con Tajani, a preoccupare Palazzo Chigi è l’ipotesi che questa “finestra per un accordo di pace” si possa chiudere, con conseguenze non immaginabili al momento. L’altro campanello di allarme è quello per i dazi, che sarebbero un problema “economico e politico”. Nel frattempo sembra tregua armata. “Non serve un vertice, non ci sono problemi”, fa sapere Forza Italia per voce di Raffaele Nevi, che minimizza anche quel “quaquaraquà” pronunciato da Tajani che ha fatto infuriare i leghisti. E mentre Lupi invita a smetterla con “canti, controcanti e slogan” in politica estera, Salvini sparge miele: “Con Tajani abbiamo rapporti splendidi”, dice il leader leghista, rivendicando però la facoltà di parlare “di investimenti sull’Alta Velocità negli Usa con Vance, sull’acqua col premier israeliano e sul Ponte con le istituzioni europee”. E interviene anche Paolo Berlusconi, fratello di Silvio: i rapporti Lega-Forza Italia? “Sono opinioni diverse di uno stesso movimento che è un fatto di democrazia, su cui poi la sinistra ci marcia. Adesso l’Italia ha bisogno di essere unita. Meloni sta facendo molto bene. Però come non rimpiangere il Bettino Craxi di Sigonella o mio fratello che telefona a Putin e lo convince a non invadere la Georgia?”.

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Il ministro dei Trasporti Matteo Salvini, 51 anni, con la premier Giorgia Meloni (48). Foto Ansa

Professor Giovanni Orsina, quanto è reale e quanto gioco delle parti lo scontro tra Tajani e Salvini?

“È reale, non è fittizio. In un momento di grande ridefinizione degli equilibri internazionali, con l’Atlantico che si fa più largo, c’è chi vuol stare su una sponda e chi sull’altra”, risponde il direttore del dipartimento di Scienze politiche dell’Università Luiss Guido Carli.

Il governo può saltare?

“Il collante di politica interna, ossia la mancanza di alternative, è molto forte: non mi pare proprio che lo scontro sia destinato a portare a una crisi di governo. Almeno per il momento”.

C’è un punto di non ritorno per la Lega?

“Il fatto che Salvini si proponga come sponda più forte di Trump in Italia gli dà un posizionamento internazionale, ossia una risorsa politica, ma al momento tutto questo non riesce a monetizzarlo in consenso. Insomma: non mi pare credibile uno scenario in cui la Lega porta il Paese al voto e dalle urne esca un rovesciamento dei rapporti di forza”.

Qual è lo scenario credibile?

“Che lui continui a tendere l’elastico senza portare il governo alla crisi. Ma questo deve essere consentito dalla situazione internazionale: bisogna vedere cioè fino a che punto si spinge lo strappo tra Usa e Europa”.

E fino a quando Giorgia Meloni riuscirà a tenersi in equilibrio tra Europa e Stati Uniti?

“Difficile dirlo ora: certo, il gioco di restare amico tanto degli Stati Uniti quanto dell’Europa nel momento in cui litigano diventa ogni giorno più complicato. Di sicuro, una delle variabili è la Germania: il punto di svolta sarà l’ingresso di Friedrich Merz alla cancelleria”.

Merz ha già preso una posizione critica nei confronti di Trump.

“Sì, ma questo è un mondo in cui contano le sfumature. Bisogna capire quanto Berlino voglia tenere l’Italia a bordo: è un parametro non proprio secondario, e attualmente non mi è chiaro”.

Ritiene che l’Italia possa tenersi fuori da una eventuale forza di pace europea?

“No, non può. In fondo la decisione di Meloni di partecipare alla partita dei volenterosi, malgrado lo faccia con riserve mentali che su quel tavolo la indeboliscono, è un segno molto chiaro che non ne possiamo stare fuori. Ci taglieremmo fuori da tutto”.

La Lega lo accetterebbe?

“Dipende da quando e come si pone il problema. È molto diverso se si pone tra un mese o tra un anno. Anche perché tra un anno la legislatura comincia ad avvicinarsi alla fase terminale, quando i governi diventano più fragili”.

Quali sono i confini oltre i quali FI e FdI non potranno più tollerare la guerriglia leghista?

“In termini di iniziative simboliche siamo già arrivati abbastanza vicini al limite con il colloquio tra Salvini e il vicepresidente americano Vance. Vicini ma non oltre”.

Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro (FdI) dice che a un voto diviso non si arriverà mai: significa sostanzialmente che se ci si arrivasse sarebbe la fine del governo?

“Sì, persino in Italia dove digeriamo tutto, non sarebbe digeribile. Non si può arrivare a una decisione di questa importanza, sulla politica estera, con il governo che si spacca. Non sarebbe tollerabile”.

Dopo averlo approvato Giorgia Meloni, ha espresso riserve sul piano di riarmo di Ursula von der Leyen. Ritiene che l’Italia dovrebbe accettarlo?

“Te lo chiede l’America e te lo chiede l’Europa, di riarmarti: difficile dire di no”.

Lei ha affermato che la sorte del governo dipende anche dalle contingenze internazionali: non è segno di fragilità?

“È sempre stato così. Vale per tutti i governi: l’Italia è un Paese particolarmente esposto ai venti internazionali”.