Roma, 17 settembre 2019 - Ha bombardato le truppe di messaggini. Qualcuno ha tentato di blandirlo. Qualcun altro di rimproverarlo. Ad altri ancora Renzi ha chiesto un ultimo sforzo: "Tieni la porta aperta – ha scritto a una fedelissima – l’operazione ti piacerà". Il successo del suo progetto non dipende da quanti lo seguiranno, ma dal fatto che siano un numero sufficiente (20 almeno) per permettergli di costituire un gruppo parlamentare alla Camera. Solo così potrà sedersi al tavolo della maggioranza, indirizzare la politica economica, conquistare nomine negli enti, partecipare – se il Conte 2.0 non cadrà prima – alle elezioni del presidente della Repubblica in posizione di forza. Senza un gruppo autonomo a Montecitorio – al Senato non è possibile per regolamento – la nuova sfida del senatore di Rignano sarebbe sconfitta in partenza. Ecco il motivo dell’insistenza di questi giorni, il pressing quasi ai limiti dello stalking, tanto forte da esondare oltre il Pd fino a raggiungere i malpancisti di Forza Italia, dove però raccoglie più adesioni l’idea di mollare un Berlusconi "salvinizzato" per formare gruppi "azzurri" autonomi. Anche fra i renziani doc, però, le resistenze verso quella che viene considerata "un’operazione di potere" sono enormi. Tali da spaccare addirittura il "Giglio magico".
Tra I "no eccellenti, infatti, ci sono quelli di Guerini e Lotti: giurano di non aver nessuna voglia di trasferirsi armi e bagagli dietro l’ennesima "renzata". Convinti – come molti dei 60 parlamentari di quest’area – che il Pd si possa "contendere" dall’interno. "La leadership di Zingaretti non è così forte da essere ritenuta imbattibile", sottolinea uno di loro. Una pattuglia folta segue le orme dei due boss: parte dalla Bonafè e passa per Parrini, Fiano, Margiotta e Fedeli per arrivare fino alla Picierno, a Ceccanti, alla Rotta. E poco importa se Renzi prometta di restare in maggioranza: le neo-sottosegretarie Malpezzi e Morani sono nette. "Ho giurato cinque minuti fa: questo non è il momento della scissione ma di dare risposte agli italiani", afferma la prima. E la Morani incalza: "Io resto nel partito". Sia ben chiaro: tra loro, c’è chi si pone alla finestra, pronto a uscire in seconda battuta se il piano dell’ex premier decolla. L’organizzazione del progetto chiede tempo: comunque vada, non ci saranno liste renziane alle prossime regionali. Naturalmente, al Nazareno nessuno esclude che alcuni possano fare il "doppiogioco". Restare cioè nel partito per fare la quinta colonna di Renzi: osservato speciale è il capo dei senatori Andrea Marcucci che ha fatto sapere che non seguirà Matteo nella sua avventura. Diffusa è la convinzione che l’amico di sempre non abbandoni il Pd per mantenere il controllo sul gruppo da cui Matteo si è scisso. Nell’attesa di scoprirlo, si sfilano uno dopo l’altro amministratori da ‘novanta’ come il sindaco di Bergamo Gori e quello di Firenze, Nardella.
Pronti a gettarsi nella nuova avventura, invece, i deputati Giachetti, Boschi e Rosato che, anzi, hanno lavorato al piano assieme all’ex rottamatore. Si portano dietro Anzaldi, Nobili, Carè, Librandi, Scalfarotto, Annibali, Marco Di Maio, Mattia Mor, Fregolent, Marattin. Quanto al Senato salteranno il fosso la neoministra Bellanova, Bonifazi, Faraone, Ginetti, Cerno, Marino, Comincini. Guarda il caso: molti di loro hanno fatto cospicue donazioni nei giorni della crisi di governo ai comitati dell’ex premier. Tra gli europarlamentari, Danti saluterà il Pd. Va da sé che se i numeri per formare il gruppo alla Camera non ci saranno, Renzi si troverà di fronte a una scelta difficilissima, tra rinunciare o puntare ancora una volta sull’azzardo e giocarsi il tutto per tutto.