Sabato 8 Febbraio 2025
ROSALBA CARBUTTI
Politica

La minoranza pronta alla scissione È tentata dalla Cosa rossa di Pisapia

Atteso l’intervento di Bersani. Sinistra italiana, in 18 con l’ex sindaco

Giuliano Pisapia e Gianni Cuperlo (Ansa)

Roma, 13 febbraio 2017 - SE RENZI tirerà dritto con il congresso lampo e il voto anticipato, per la minoranza Pd non resta che la scissione. Chiaro, quindi, che la sinistra riunita a Firenze per l’iniziativa Può nascere un fiore s’interroghi su che cosa farà Matteo oggi in direzione. Si dimetterà? Rilancerà congresso ad aprile ed elezioni a giugno? Il governatore pugliese Michele Emiliano chiede che non sia «un congresso a rito abbreviato», mentre l’omologo toscano Enrico Rossi vuole «le dimissioni di Renzi e una segreteria di garanzia». Il leader Pd li ascolterà? Pier Luigi Bersani a Firenze non c’era, ma oggi in direzione i fedelissimi sono convinti che interverrà. E, forse, ci sarà anche Massimo D’Alema. Le condizioni di Bersani per non lasciare casa Pd sono che Matteo Renzi convochi il congresso (che non dev’essere «lampo»); non stacchi la spina al governo di Paolo Gentiloni; e, infine, un’indicazione sulla legge elettorale. «Il ragionamento – dice Stefano Di Traglia, ex portavoce di Bersani – è che non si possono convocare le assise dem senza sapere con quale legge elettorale si vota». L’alternativa, cioè le carte bollate che Emiliano aveva evocato, volto a dare battaglia per ottenere un «congresso vero», nei tempi stabiliti («almeno tre mesi e mezzo, quattro mesi», dicono i bersaniani Zoggia e Stumpo) sembra un’ipotesi ormai superata.

«Se diamo inizio alla battaglia, chiamano i carabinieri», scherza Di Traglia. E aggiunge: «Gli elettori del Pd sono molto più radicali del gruppo dirigente».  Tradotto: va bene frenare un’eventuale rottura, ma non si può fare all’infinito. Stumpo fa un parallelo con il caso Roma: «Hanno mandato i consiglieri capitolini dal notaio per chiudere con l’esperienza del sindaco Pd Ignazio Marino e ora abbiamo Virginia Raggi. Non vorrei che Renzi ci facesse sbattere contro un muro trasformando l’Italia in un altro caso Roma...». Insomma, se scissione sarà, come si articolerà la nuova «Cosa rossa»? Molto ruota attorno a Giuliano Pisapia e al suo campo progressista. Benedetto anche da Romano Prodi che, ieri, ha mostrato non solo «stima» nell’ex sindaco di Milano: «Ho passato tutta la mia vita politica per mettere assieme i riformismi, cattolico, socialista, liberale, in modo da creare un paese nuovo. Il mio augurio è che il centrosinistra riprenda il vigore e la speranza del passato».  L’idea è quella di un nuovo Ulivo, ma più radicale, dicono da Zoggia ad Arturo Scotto, capogruppo di Sinistra italiana ormai già fuori dal partito.    LA SINISTRA, insomma, si sta organizzando. E, a differenza di qualche settimana fa, le due anime, quella dalemiana di ConSenso, e Campo Progressista di Pisapia, si stanno avvicinando. Scotto, con altri diciotto, ha rotto con SI proprio per guardare al Campo dell’ex sindaco di Milano con l’obiettivo – dice – di un «nuovo centrosinistra alternativo al renzismo, ma di governo. Una creatura – continua – che può arrivare anche a doppia cifra». Ottimista? Può darsi. Ma forse non è un caso che il 20 ci sarà un incontro a Mestre con Zoggia, Speranza e Pisapia. Alcuni bersaniani ammettono: «Pisapia può essere un alleato. Il problema è l’alleanza col Pd: se c’è Renzi la vedo dura...». Gianni Cuperlo, ieri assente a Firenze, da subito aveva visto con favore il progetto. Oggi interverrà in direzione. La sua road map? Congresso, spostare il Pd a sinistra, magari alleandosi con l’ex sindaco meneghino. Se Renzi forza, però, pure Cuperlo forse non ci sta. Sottotesto: il rimescolamento non ci sarà solo nel Pd, ma in tutta la sinistra. Da D’Alema a Pisapia.