Martedì 11 Marzo 2025
COSIMO ROSSI
Politica

Schlein e il Pd spaccato. Verso l’astensione motivata (in attesa dello scontro)

Alcuni esponenti dell’ala riformista voteranno sì indipendentemente dal gruppo. Il pressing per portare la segretaria su una posizione gradita anche al Colle.

Alcuni esponenti dell’ala riformista voteranno sì indipendentemente dal gruppo. Il pressing per portare la segretaria su una posizione gradita anche al Colle.

Alcuni esponenti dell’ala riformista voteranno sì indipendentemente dal gruppo. Il pressing per portare la segretaria su una posizione gradita anche al Colle.

Si lavora a "un’astensione motivata" al Parlamento europeo. Ma non sarà che "il primo tempo della partita sulla pace, la guerra e l’Europa" destinata a "deflagrare nella prossima settimana", come rileva un autorevole europarlamentare dem citando in fila il voto di Strasburgo, la manifestazione euro-pacifista di sabato e il voto parlamentare della prossima settimana sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo chiamato ad affrontare il piano di riarmo e difesa dell’Europa e l’evoluzione del conflitto russo-ucraino. Una concatenazione che, stante anche l’evoluzione dei negoziati mediati dagli Usa di Donald Trump e l’inasprimento dei rapporti euro-atlantici e con la Russia, potrebbe precipitare verso sbocchi veramente inaspettati.

Sul piano di ReArmEu presentato da Ursula von der Leyen, e ancor più sull’eventuale partecipazione italiana a una missione di peacekeeping, il Pd si trova in bilico tra una deflagrante divisione interna e una ancor più clamorosa retromarcia destinata a sconfessare la posizione critica assunta dalla segretaria Elly Schlein. Anzitutto per questo a Strasburgo ieri sera si lavorava "a un’astensione o un voto a favore motivati" nei riguardi del piano di riarmo.

Il gruppo parlamentare dem è stato riconvocato alle 21 per cercare di definire una posizione comune. Ma il fatto che è proprio in sede europea la segretaria è meno rappresentata che altrove, data l’efficace campagna di preferenze fatta dalle componenti riformiste. Le avanguardie della minoranza riformista favorevole al piano di riarmo – Pina Picierno, Giorgio Gori, Stefano Bonaccini e anche Lucia Annunziata – hanno già annunciato il voto favorevole nei riguardi della proposta von der Leyen qualunque cosa decida il gruppo. Per contro, la pacifista laica Cecilia Strada e quello cattolico Marco Tarquinio sono posizionati sul no, che ieri è stato sbandierato fuori e dentro l’Aula dai 5 Stelle di Giuseppe Conte arrivati in delegazione.

Nel mezzo "il corpo di maggioranza" del gruppo, che non può e non vuole sconfessare platealmente la segretaria, ma nemmeno abdicare la causa della difesa comune europea. Perciò nella serata si è lavorato a "un’astensione motivata" propugnata dall’ex capogruppo Brando Benifei e dall’ex sindaco di Pesaro e candidato governatore in pectore della Marche Matteo Ricci. Mentre il capogruppo Nicola Zingaretti, che ha lungamente cercato di tessere un’intesa col resto dei socialisti europei di governo e non favorevoli al piano, avrebbe preferito un "Sì motivato".

Il lavorio di Zingaretti è non casualmente sulla lunghezza d’onda delle parole dei precedenti segretari e maggiorenti dem Romano Prodi, Walter Veltroni, Enrico Letta, Paolo Gentiloni, i quali nelle ultime ore si sono spesi tutti in favore del piano di riarmo a scapito della posizione espressa da Schlein. Che nel volgere di poche ore è stara invece stata declassata rapidamente nei panni di "massimalista da collettivo" anche a detta dei pontieri interni. A dimostrazione del pressing per ricondurre la segretaria ai più miti consigli di un’accettazione, pur critica, del piano di riarmo propugnata dagli establishement europei e altresì dal Quirinale.

Per quanto rilevante, specie in rapporto ai partner dei S&D e in considerazione che la Lega si esprimerà contro, il voto dell’europarlamento di oggi non sarà che la premessa dello showdown che potrebbe verificarsi nei prossimi giorni nella politica italiana. La manifestazione di sabato, cui aderiscono tutte le anime del Pd e del centrosinistra a parte i 5 stelle, potrebbe far capire se e quanto la linea di Schlein trovi riscontro nella base. Ma quello davvero dirimente sarà il voto parlamentare sulle comunicazioni della premier Meloni in vista del Consiglio europeo. A parte l’eventualità che si verifichi una frattura con la Lega, avvalorando vagheggiamenti di unità nazionale con l’appoggio di una nuova federazione centrista, se la segretaria tenesse duro la minoranza potrebbe votare in dissenso.