Da due anni, Giorgia Meloni ed Elly Schlein hanno cambiato il volto della politica italiana, in passato dominata da figure maschili. Da prime donne alla guida del governo e del maggior partito di opposizione, si sono combattute ma anche aiutate a vicenda, sin da quando la vittoria di Giorgia ha contribuito a smuovere la sinistra a favore di Elly. Il consolidamento delle due leadership è continuato nel 2024 insieme alla polarizzazione delle rispettive posizioni, e alla progressiva assegnazione dei ruoli di maggiore rilievo, da una parte e dall’altra, a propri stretti fiduciari.
La simmetria è imperfetta, perché Schlein è stata eletta segretaria quando Meloni aveva già compiuto un intero ciclo politico che l’aveva portata a costruire il suo partito quasi da zero, poi a sconfiggere Salvini e ad ottenere un mandato pieno per governare. Schlein ha costi e vantaggi di chi è arrivata dopo. Deve inseguire ma può anche prendere esempio dell’antagonista. Un po’ come la Giorgia di opposizione, ha cercato di riportare il Pd nelle piazze, lo ha spostato su posizioni più radicali, ha rivendicato il legame con la tradizione (post-comunista) mettendo gli occhi di Berlinguer sulla tessera 2024.
Si vedrà se riuscirà a completare il cerchio. Se aggirerà anche lei le regole del partito rinviando il formale rinnovo della sua carica (da statuto, Bonaccini dovrebbe indire le elezioni interne entro ottobre 2026). Ma, soprattutto, se riuscirà a conquistare il centrosinistra e cambiare postura in tempo per presentarsi l’anno successivo come una plausibile candidata alla premiership.