Roma, 29 marzo 2024 – “Catene e passamontagna, si rende conto? Passamontagna. Manco fosse una pericolosa camorrista". Ivan Scalfarotto, senatore di Italia Viva, già sottosegretario agli Esteri, non può farsene una ragione. Lo raggiungiamo al telefono all’uscita del tribunale di Budapest. Testimone con altri cinque deputati e rappresentanti della società civile – tra questi il fumettista Zerocalcare – "di una rappresentazione enfatica e teatrale".
Eppure c’è poca finzione, senatore. Ilaria Salis, l’attivista italiana in carcere in attesa di processo in Ungheria dopo i disordini a margine di una manifestazione, si aspettava i domiciliari e invece è stata rispedita in cella.
"Un esito che nessuno si aspettava. Tant’è che i familiari e i legali della ragazza avevano già predisposto la logistica per il trasferimento ai domiciliari e reperito i 40mila euro della cauzione".
E invece?
"Teatro. Dopo una bellissima arringa di difesa del legale dei Salis, la procura si è schierata contro i domiciliari, a quel punto il giudice avrebbe dovuto sentire i testimoni ma ci sono stati insormontabili problemi tecnici".
Ovvero?
"Non è partita la videochiamata. Nel 2024, in uno stato Ue, un testimone non viene sentito perché non parte la videochiamata. Ma il punto, infatti, è proprio quello".
Che siamo in Unione europea?
"Sì. Una comunità che condivide ideali, regole, etica. E nel quale invece uno Stato membro si permette di tenere incatenata mani e piedi un’attivista straniera in attesa di giudizio da tredici mesi per dei disordini a una manifestazione, accusata di aver cagionato a un manifestante neofascista ecchimosi guaribili in 5 giorni".
Come l’ha trovata?
"Come una donna privata della propria libertà. E umiliata dalle catene. Ma è uno scricciolo di ragazza, a chi può far paura? O come pensano che potrebbe fuggire?"
È la procedura ungherese.
"E va cambiata, se vogliono stare in Europa. E attenzione: questo ormai è un caso politico, perché non parliamo di uno dei 2.600 italiani detenuti all’estero, come dice Tajani. Qui si parla d’altro".
Di cosa, secondo lei?
"Di uno scontro culturale tra l’Ungheria e i Paesi Ue. E di una prova di forza di Orban nel manifestare autonomia. Nel voler dire: a casa mia comando io. Il che va bene, ma allora rinunci ai fondi Ue. Viceversa rispetti le regole della nostra casa comune. Per questo noi deputati italiani siamo venuti qui. Per Ilaria e per difendere uno stato di diritto, quello degli Stati d’Europa che vogliamo costruire".
Simone Arminio