Roma, 28 gennaio 2020 - Fallita una spallata, ne progetta un’altra. Inguaribile Matteo Salvini, che presa la Calabria, ingoia l’amarezza per la sconfitta a Bologna e ora guarda alle regionali in Liguria, Veneto, Puglia, Toscana e Marche. "Non cambierei una virgola, neppure il citofono" dice. Ma alle prossime regionali avverte che "vorrebbe avere più supporto dalla coalizione". La stessa che lui ha di fatto da prima negato e poi sottomesso alla sua leadership. Adesso l’ex uomo solo al comando lascia (a parole) un po’ di spazio agli alleati, che ribattezza ’la squadra’. Una svolta strategica.
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"Spero che tutta la squadra di centrodestra riesca a crescere come noi in questi anni – dice – perché c’è bisogno di tutti. C’è bisogno di una Forza Italia ancora più tonica. Serve la squadra". Già. La linea ora è: dobbiamo cercare di recuperare spazio al centro. Con la coalizione. Salvini si è reso conto che lui da solo non basta, e senza il centro non si vince. "In Emilia Romagna – osserva con franchezza l’onorevole e segretario della Lega Ligure Edoardo Rixi – abbiamo fatto il massimo, giocandocela alla pari con il Pd. Matteo è stato straordinario ma non possiamo essere sempre solo noi il centravanti di sfondamento. La Lega alle regionali in Emilia Romagna oltre il 30-32% non poteva andare. Questo significa che ogni tanto devono tenere la palla anche gli altri. Ora, a parte la Meloni che ha oggettivamente fatto il suo, altri hanno portato a casa quasi niente. È mancato un partito di centro".
Lo Stato maggiore leghista si serra a testuggine. "Dobbiamo considerare il fatto che la Lega è cresciuta rispetto al passato – osserva l’onorevole ed ex ministro Gian Marco Centinaio – e se l’è giocata alla pari nella roccaforte del Pd. Certo, ci è mancata una gamba centrista. Ma in ultima analisi la lezione vera è che in Emilia non ci son più voti acquisiti e che non ci sono più roccaforti. Il Pd lo tenga ben presente per il futuro". Nella Lega prevale l’orgoglio. "In Emilia – osserva l’onorevole Claudio Durigon – non abbiamo vinto ma ci siamo consolidati quasi centrando una impresa al limite dell’impossibile. Rimpianti? Nessuno, ce la siamo giocata alla grande, andiamo a testa alta». Così a FdI. "Non ho niente da recriminare verso nessuno – osserva Giorgia Meloni – noi abbiamo fatto la nostra parte, la Lega, va oltre il 30%. Non userò il voto in Emilia Romagna per spaccare il centrodestra". Ma altri scalpitano. "Riorganizzare l’area moderata – osserva Mara Carfagna di Forza Italia – è una priorità. Dove esiste, come in Calabria, il centrodestra vince. Dove è ridotta al lumicino come in Emilia Romagna, si perde. Il traino del sovranismo non basta, anzi suscita anticorpi che rianimano la sinistra".
Una cosa tutti gli esponenti del Carroccio esorciuzzano: che per la Lega sia iniziata la parabola discendente. Alcuni politologi ne sono però convinti. "L’impressione – osserva il professor Piero Ignazi dell’università di Bologna – è che sia finita la cavalcata del 2018 e del 2019. L’Emilia Romagna sembrava un terreno in discesa dopo lo sfondamento dello scorso anno, e invece così non è stato. Il ciclo di sviluppo della Lega è finito".