Domenica 25 Agosto 2024
ANTONELLA COPPARI
Politica

Governo, sorrisi e battute fra Salvini e Di Maio. Ma la tensione resta

Il timore dei Cinque Stelle è quello di diventare ruota di scorta del ministro dell'Interno

Stretta di mano tra Luigi Di Maio e Salvini alla Confartigianato (Imagoeconomica)

Stretta di mano tra Luigi Di Maio e Salvini alla Confartigianato (Imagoeconomica)

Roma, 27 giugno 2018 - La 'photo opportunity' scattata alla Confartigianato racconta di rapporti idilliaci nel governo giallo-verde: Salvini e Di Maio si stringono la mano sorridenti, rilasciano dichiarazioni rassicuranti: «Gli equilibri non cambiano, non litighiamo. Ci occupiamo di cose diverse: ofelè fa el to mestè , il pasticciere faccia il pasticciere si dice a Milano. Ognuno di noi fa il suo mestiere», spiega il leader leghista, che pure nel quotidiano preferisce prendere contatto con altri esponenti dello stato maggiore 5 stelle come Fraccaro, Spadafora o Toninelli. Ciò che si coglie a occhio nudo è lo spalleggiamento reciproco tra i due soci di maggioranza sia sull’immigrazione: «Nessuna tensione. Il governo è compatto su questo tema», avverte il ministro del Lavoro pentastellato. Sia sulla povertà: «I dati Istat confermano la giustezza del nostro obiettivo; la priorità sono gli italiani», rilancia il responsabile del Viminale.

In realtà, le acque sono più mosse e i risultati dei ballottaggi le hanno rese ancora più mosse. Tutto quanto accade, ridotto all’osso, è la lotta M5S per non finire a rimorchio del partner esuberante. Hanno ben presente, i grillini, che a ogni tornata elettorale la Lega, alleata con un centrodestra completamente colonizzato, rischia di superarla e di affermarsi come la forza trainante del Paese. Il prossimo anno sono previste elezioni regionali e europee con sistemi di voto (a turno unico nel primo caso, proporzionale nel secondo) che aumentano di fatto la concorrenza fra le due forze politiche. In questo quadro si capisce perché, appena chiuse le urne, i pentastellati hanno fatto partire la contraerea. L’arma per eccellenza sono i vitalizi: oggi la questione approda al piano nobile di Montecitorio, con il presidente della Camera Fico che è già pronto a dare una bella sforbiciata a più di 1200 assegni che ricevono gli ex parlamentari. È chiaro che un risparmio di una ventina di milioni di euro, per quanto frutto di un atto fortemente simbolico, non basta per far sognare gli italiani ecco perché Di Maio vuol fare – oltre al decreto dignità – il reddito di cittadinanza: «Serve subito, perché è un’emergenza sociale».

Fin qui le mosse visibili alla luce del sole. Calandosi nel regno della penombra, si scopre che sull’immigrazione il fronte governativo bicolore non è affatto compatto come vuol far credere. Complice il gioco di sponda dei paesi europei moderati che tentano di far crescere il ruolo di Giuseppe Conte in modo da tagliar fuori l’asse estremista: risultato che certo non dispiacerebbe a Di Maio. Dopo la telefonata con la Merkel in cui la cancelliera tedesca ripudiava la bozza Ue su Dublino invisa all’Italia, ecco la cena con Macron – di cui entrambi i vicepremier erano al corrente: in ballo a Villa Borghese non c’era tanto l’accordo per la Lifeline (l’Italia dovrebbe prendere18 passeggeri, solo donne e bambini) quanto il ridimensionamento di Salvini. Che se ne rende conto e spara a palle incatenate contro «l’arrogante» presidente francese, assicurando: «Finché Parigi non aprirà le porte ai 9mila migranti che avrebbe dovuto accogliere, noi non riprenderemo nessuno di quelli sbarcati in Italia e poi andati altrove».