Martedì 16 Luglio 2024
CLAUDIA MARIN
Politica

Salario minimo Meloni apre, poi chiede un rinvio Schlein: non ci stiamo

Prove di dialogo ma è scontro sul ritiro dell’emendamento in Aula. FdI: rinviate la proposta a settembre. Il Pd: fate voi il primo passo.

di Claudia Marin

Giorgia Meloni apre al confronto sul salario minimo. Ma l’apertura è più rivolta all’iniziativa di dialogo di Carlo Calenda che al merito della proposta delle opposizioni. E, in ogni caso, perché il confronto possa avere un seguito, come avvisa il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti, è necessario che la partita sia rinviata a settembre, sgombrando il campo dal voto in commissione e in aula in questa settimana sul disegno di legge Pd-grillini-Azione. E così, a sera, se da un lato Elly Schlein e i suoi hanno colto la palla al balzo e per non lasciare il gioco solo in mano al leader di Azione e hanno fatto sapere di considerare utile l’apertura, dall’altro, però, temono che l’operazione possa trasformarsi in una trappola. E, dunque, rilanciano a loro volta: va tolto di mezzo l’emendamento soppressivo della maggioranza. Con il risultato che il confronto naufraga o rischia di naufragare prima di cominciare.

Ma andiamo con ordine. La Meloni, anche in vista delle elezioni europee del prossimo anno, vuol evitare che il salario minimo diventi la bandiera delle opposizioni e l’oggetto dello scontro elettorale. Ma sa anche (lei che viene dalla cosiddetta destra sociale) che si tratta di un argomento al quale è sensile una larga fetta dell’elettorato di centrodestra, come del resto dicono i sondaggi che vedono gli italiani in larghissima maggioranza a favore di una soglia retributiva minima oraria. Da qui l’apertura: "Ho trovato molto garbato l’appello di Carlo Calenda – ha fatto sapere – e siccome penso che sia giusto aprire al confronto quando c’è un’opposizione non pregiudiziale, non escludo di affrontare la materia".

Il punto è che la premier, d’altro canto, la pensa come il leader della Cisl, Luigi Sbarra, che teme che fissare un livello legale minimo possa portare verso il basso le retribuzioni (perché a quel punto basterebbe pagare l’ammontare fissato e si sarebbe in regola) e mettere nell’angolo la contrattazione. È la tesi alla quale fanno riferimento il Ministro Antonio Tajani e Maurizio Lupi per frenare su possibili aperture. "Non dobbiamo accontentarci di un salario basso purché sia – insiste il primo –. Non è che sono contro un salario garantito, sono per un salario ricco". Sulla stessa linea Lupi: "Serve la riduzione del cuneo fiscale". È quello che spiega, del resto, anche Foti: "Possiamo parlare di salario minimo, ma bisogna abbandonare l’impuntatura, tutta ideologica, di fissarne per legge l’ammontare orario. Piaccia o meno a chi ci accusa di volere mantenere schiavi 3 milioni di lavoratori. Con buona pace di Schlein e Conte, il duo giallo-rosso omette di dire che la loro proposta esclude in partenza oltre 1 milione di lavoratori, quelli del lavoro domestico, è priva copertura finanziaria, produrrebbe effetti tra 1 anno e mezzo".

Il capogruppo, però, pone anche e soprattutto una condizione politica per aprire il confronto: "La situazione consiglierebbe, ma servirebbe buonsenso, di posticipare la discussione in Aula prevista per il 28 luglio, e ciò se ci si vuole realmente confrontare nel merito della proposta". E lo stesso fa il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Walter Rizzetto: "Leggo che Schlein propone un tavolo sul salario minimo sulla base del miglioramento della contrattazione. È esattamente quanto avevo chiesto io in commissione Lavoro alle opposizioni, suggerendo di portare il provvedimento a settembre".La palla, dunque, è nelle mani dell’opposizione. Calenda ci sta al dialogo. "Per il salario minimo – fa sapere la Schlein – sono disponibile a un incontro con Giorgia Meloni anche domattina. Ma per dare un segnale dovrebbero cominciare con il cancellare e ritirare l’emendamento soppressivo rispetto alla proposta unitaria delle opposizioni". Sulla stessa linea tutto il gruppo dirigente del Pd. Mentre Riccardo Magi parla apertamente di trappolone. Una posizione, quella del Pd, che lascia pochi margini di trattativa