Lunedì 23 Dicembre 2024
ANTONELLA COPPARI
Politica

Salario minimo, oggi l’incontro con la premier. Opposizione pessimista: "Che ci andiamo a fare?"

Il timore è che l’esecutivo non faccia alcuna concessione. Azione non si arrende: "Inutile scavare subito trincee". Ma il summit di oggi può trasformarsi in uno scontro totale. .

Salario minimo Incontro con la premier, opposizione pessimista: "Che ci andiamo a fare?"

"Che cosa ci andiamo a fare?". È l’interrogativo su cui si arrovellano gli esponenti di quasi tutti i partiti di opposizione che hanno raccolto l’invito di Giorgia Meloni, qualche ora prima di varcare il portone di Palazzo Chigi per discutere di salario minimo. Da Schlein a Conte passando per Fratoianni, Bonelli e Magi diffuso è il sospetto che il confronto non serva a nulla se non a garantire all’ospite una "passerella mediatica". Conserva un po’ di ottimismo, quello della volontà naturalmente, Carlo Calenda: "Ho fatto una fatica terrificante per mettere insieme opposizione e governo a un tavolo: se incominciamo ognuno a rinchiudersi nelle proprie trincee e a mettere bandierine si esce con un nulla di fatto". Senza contare il rischio che, al posto della portata unica già molto indigesta, finisca sul tavolo un’insalatona di temi (dal reddito di cittadinanza alle dimissioni di Marcello De Angelis) tale da garantire il pieno fallimento dell’iniziativa. Non a caso proprio dalle parti Azione dicono: "Si deve parlare solo di salario minimo".

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A Palazzo Chigi regna lo stesso pessimismo: certo la quadra non si troverà – dicono dalle parti della premier – ma sarà importante vedere con quale spirito ci si siede al tavolo. "Auspico che quello delle opposizioni sia costruttivo", butta lì il presidente della commissione Lavoro della Camera, Walter Rizzetto (FdI) che respinge con sdegno le accuse di aver in passato sponsorizzato la paga minima.

Si sa: governo e minoranze partono da analisi diverse e quindi propongono formule distanti. Per l’esecutivo, come per la Cisl e fino a ieri anche la Cgil, forte è il timore che il salario minimo diventi poi massimo portando all’abbassamento dei compensi al di sopra dell’eventuale soglia minima. Ecco perché sta lavorando per estendere la contrattazione collettiva a chi guadagna per contratto poco. Per le opposizioni il problema non esiste: sul tavolo mettono la proposta di legge unitaria per una paga non inferiore ai 9 euro l’ora. "Non è una bandierina ideologica – dice il leader M5s Giuseppe Conte – ma un obiettivo concreto per tutelare 4 milioni di lavoratori che sono sottopagati. È un principio di civiltà".

In realtà la mediazione tecnica, pur se complicata, è meno irraggiungibile di quella politica: basterebbe riprendere la formula individuata lo scorso, all’epoca del governo Draghi, dall’allora ministro Orlando che introduceva una sorta di paga base per settore lavorativo. Ma dopo la sconfitta in Parlamento sull’emendamento soppressivo del provvedimento sul salario minimo, il governo non ha intenzione di permettere che le opposizioni cantino vittoria su una questione come il lavoro povero su cui la popolazione è tanto sensibile. Le opposizioni, d’altro canto, temono che l’esecutivo voglia semplicemente restaurare la propria immagine sul fronte del disagio sociale, senza concedere niente di sostanziale e in compenso scippando all’asse Pd-5s-Asv-Calenda-+Europa il vessillo del salario minimo.

Dovendo pure fare i conti con Renzi che, dopo essersi chiamato fuori dalla partita, è pronto a sparare a palle incatenate: "L’incontro a Chigi è la fiera del consociativismo", twitta Enrico Borghi per Italia viva. In parte persino gli esponenti di Azione condividono i timori del l’esecutivo, che cioè per il Pd l’importanza della proposta di legge sul salario firmata da tutti faccia premio su qualsiasi possibile soluzione che dovrebbe per forza essere frutto di un compromesso.

Con queste premesse, le due squadre si siederanno alle 17 al tavolo della Sala Verde a Palazzo Chigi. Non sarà un incontro intimo. L’esecutivo sarà rappresentato dalla premier, dai due vicepremier Salvini e Tajani, dalla ministra del lavoro Elvira Calderone e dai sottosegretari alla presidenza Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari. Quattordici le persone in campo per i 6 partiti dell’opposizione: ogni leader – intenzionato a dire la sua – si porterà il suo ’tecnico’ di riferimento.

Insomma la fine sembra essere già nota: fallimento scontato. Ma forse non è così; se infatti dalla riunione di oggi è molto improbabile che esca un risultato positivo basterebbero toni appena più concilianti per schiudere uno spiraglio in vista della scadenza di settembre, quando alla Camera riprenderà la discussione sul tema. Facile non è, ma Palazzo Chigi ci spera.