Roma, 19 agosto 2023 – Onorevole Elena Bonetti, il caro-vita sarà l’emergenza del prossimo autunno. Da ex ministra delle Pari Opportunità e la Famiglia, lei reputa che Italia Viva avrebbe fatto meglio a sedersi al tavolo col governo sul salario minimo?
"La questione dei redditi e del potere di acquisto delle famiglie è reale e impellente e merita risposte concrete. Il governo deve affrontare le tematiche poste dalle opposizioni e trovare margini di convergenza. Per fare riforme strutturali ci si siede a tutti i tavoli istituzionali e tecnici necessari. Senza non ci sarebbero stati il Family act e l’assegno unico universale".
Bisogna dar atto alle opposizioni di aver imposto all’agenda il tema dei salari poveri. Un punto segnato, anche più di quanto non venga rivendicato?
"Un punto segnato dalle opposizioni e in realtà anche dal governo. In questi casi il punto lo segna il Paese. È vero che il tema è stato posto dalle opposizioni. Ma, avendo proposto argomenti in modo costruttivo e accettando il confronto, c’è stato lo spazio per uscire dalla propaganda da partita a poker. Per la prima volta Meloni ha aperto alla prospettiva di un dialogo serio, dando corso a un approfondimento tecnico, che potrebbe utilmente comprendere la partecipazione dei lavoratori agli utili e taglio del cuneo fiscale. Esiste oggi una questione di lavoro povero: occorre rendere attrattivo il mercato del lavoro. Pensiamo agli stipendi troppo bassi delle donne, che spingono fuori dal lavoro. Non è solo un tema di equità sociale ma di sviluppo economico".
Per Iv è stata dunque un’occasione persa disertare il tavolo?
"Era l’occasione per costruire da protagonisti uno spazio di ricomposizione importante, che è la cifra di una forza riformista. Disconoscere questo dibattito e continuare a rimanere fuori sarebbe perdere ancora l’occasione".
È quindi vero che lei, per quanto di Iv, si trova più in sintonia con Calenda che con Renzi, come rivelano i retroscena?
"Leggo molti retroscena. Io mantengo uno stile di totale trasparenza e libertà di parola sia dentro il partito che nello spazio pubblico. Da alcune reazioni sembrerebbe che l’espressione delle idee sia diventata un problema, laddove si dovrebbe assumere il principio del pluralismo e farlo vivere nella mediazione. Lo stile conflittuale non mi appartiene ed è antitetico a quello proprio di una forza riformista di stampo moderato".
Ma ormai il divorzio tra Azione e Iv pare cosa fatta...
"Non ho condiviso la posizione di chi nel mio partito ha auspicato la divisione dei gruppi. Porsi in modo alternativo al bipolarismo richiede una capacità politica di composizione delle alleanze diversa da tatticismi e bandierine. Un segnale positivo arriva dalla maggioranza, dove la critica di Tajani sulla tassazione degli extraprofitti esprime una posizione meno populista e più pragmatica, e questo è il metodo di centro".
Perché sfiorare gli interessi delle banche diventa populista anche quando forse è solo popolare?
"Populista è il metodo: si introduce per decreto una tassa che di fatto è una patrimoniale per istituti bancari, facendolo ad agosto per ottenere risorse – si parla di due miliardi – utilizzabili da gennaio. Occorreva piuttosto ragionare sulla creazione di un fondo di garanzia per i mutui e l’accesso al credito, e lo si poteva fare in una concertazione con gli istituti bancari impiegando il tempo necessario e senza far danni. Invece c’è stato un contraccolpo in borsa e una perdita di credibilità internazionale, dando l’immagine di una instabilità del sistema paese".
Insieme alle Europee a giugno si vota anche in Comuni e Regioni importanti e nel 2025 ci saranno le sfide dirimenti di Emilia-Romagna e Toscana. Come si coniuga l’intento di essere alternativi al bipolarismo con elezioni che hanno già sancito l’impraticabilità di terze liste?
"Un centro solido serve come aggregatore tanto a una proposta di centrosinistra quanto a una di centrodestra. Se di qui alle Europee, e ancor più in vista del 2025 e delle prossime politiche, riusciremo a dargli corpo, servirà a evitare estremizzazioni da entrambe le parti e a costruire proposte di governo pienamente maggioritarie. Questo si fa costruendo percorsi di dialogo tra le forze di centro che interpretano lo stesso ruolo nei due schieramenti. Certo non si fa il centro dividendo il centro".