
Ernesto Maria Ruffini
Se la base di tutto è il nostro Stato, la società italiana con le sue regole, il bene pubblico e le istituzioni, il più uno – nell’idea di Ernesto Maria Ruffini –, non siamo altri che noi. Più uno, appena uscito in libreria per Feltrinelli, nasce in realtà come ideale prosieguo del volume precedente, datato 2022, e intitolato Uguali per Costituzione. E se lì si parlava del principio di uguaglianza che trae il suo fondamento nella più alta Carta, e delle persone che ci hanno condotto fino a qui, in questo nuovo testo il punto è come rimettere il Paese in movimento. "Mi sono accorto parlando con le tante persone incontrate lungo il mio viaggio di presentazione del libro – spiega l’autore – che a essersi interrotta non è la strada, ma soltanto il cammino".
Fuor di metafora: c’è un mucchio di gente, là fuori, che vuole fortemente credere in un futuro migliore per sé e per il nostro Paese, ma non trova più dei compagni di viaggio. Un "noi, prima persona plurale", a cui accodarsi per aggiungere anche il proprio contributo. Quel più uno che rappresenta l’apporto di ciascuno, un fare la differenza, scrive Ruffini, che sia in grado di contrastare il disinteresse ormai imperante. A quei diffidenti, ad esempio gli astenuti, l’ex manager ricorda una frase di David Foster Wallace: "Avete tutto il diritto di stare a casa, ma non prendetevi in giro: non votare è impossibile: si può votare votando, oppure rimanendo a casa". In questa impossibilità all’immobilismo e all’opportunismo, è la provocazione di Ruffini, "occuparsi della comunità è l’unico modo per farsi realmente i fatti propri".
In questo senso, pur se l’autore nega ancora che la sua sia una discesa nell’agone politico, Più uno avrebbe tutti gli elementi del manifesto politico. Un invito all’azione, per una politica da vivere "non come terreno di divisioni – recita la quarta di copertina –, ma come spazio per il dialogo, per la collaborazione tra individui che possano fare la differenza".
Il facile confronto è ai tempi di oggi in cui, scrive l’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate, "la politica sembra smarrita, disorientata in un mondo sempre più complesso e frammentato", così da sembrare sempre più "guidata unicamente dal tentativo di intercettare il consenso e gli umori estemporanei dell’opinione pubblica".
Per ritornare a un bene comune, osserva Ruffini, "occorre rivedere la propria agenda, le priorità". Ed ecco tornare l’invito al fare, quel ’più uno’ che proviene dal lessico famigliare (il padre, Attilio, che fu più volte ministro Dc, lo ripeteva a lui e al fratello, attuale capo della comunicazione della Santa Sede): "Se siamo noi ad accorgerci di un’ingiustizia, di una mancanza, di una necessità e abbiamo la possibilità di intervenire, tocca solo a noi farlo. Solo in questa prospettiva possiamo vedere un domani migliore".
Restano il contesto, ovvero un’Europa che appare fin dalla prima pagina, con una dedica a David Sassoli e la citazione di un suo discorso, e un decalogo: quel ‘Da dove iniziare’ dall’attacco incisivo, soprattutto se fatto da chi finora si è occupato di conti. Ma "governare un Paese – chiarisce Ruffini – non si riduce a far quadrare un bilancio". In mezzo, attorno, c’è quella partecipazione che sembra perduta e che ora anche Ruffini si propone di recuperare.
Simone Arminio