Roma, 12 febbraio 2021 - Nato a Taranto, 54 anni, magistrato da oltre 25 anni e presidente di sezione del Consiglio di Stato, Roberto Garofoli vanta una lunga carriera accademica e nelle istituzioni. E da oggi è il nuovo sottosegretario alla presidenza del Consiglio del governo Draghi.
Laureato in giurisprudenza all’Università di Bari, ha vinto il concorso per la magistratura a 28 anni, nel 1994. Dopo un trascorso come giudice penale e civile ai tribunali di Taranto e Trani, è entrato al Tar della Puglia nel 1999, per poi passare al Consiglio di Stato.
Garofoli è autore di diverse monografie e saggi, ha insegnato alla Luiss Guido Carli ed è riconosciuto a livello internazionale in materia di anticorruzione. È stato nominato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano Grande Ufficiale della Repubblica italiana.
Il ruolo di sottosegretario alla presidenza del Consiglio del governo Draghi gli arriva dopo aver ricoperto incarichi istituzionali in ben sei governi. E' stato capo di Gabinetto del Ministero dell'Economia con Pier Carlo Padoan ministro, nei Governi Renzi e Gentiloni, e poi con Giovanni Tria nel Governo Conte I. Da fine 2011è stato nell'Esecutivo Monti, poi segretario Generale della Presidenza del Consiglio con Enrico Letta e prima ancora capo ufficio Legislativo del ministero degli esteri con Massimo D'Alema nel governo Prodi II.
Come capo di gabinetto del ministro Tria, Garofoli è stato tra gli alti funzionari dello Stato al centro delle polemiche contro i "burocrati" accusati dal Movimento 5 Stelle di essere "servitori dei partiti e non dello Stato" (fecero rumore, tra l'altro, le critiche ai tecnici del Tesoro in un audio del portavoce della Presidenza del Consiglio, Rocco Casalino). Contro di lui c'era stato anche un attacco diretto: sua 'la manina' - è stata la tesi dei 5 Stelle - era stata giudicata 'colpevole' di aver inserito nel Dl Fiscale due commi per destinare 84 milioni in tre anni alla "gestione liquidatoria dell'ente strumentale alla Croce Rossa Italiana". Fermissima fu la difesa di Giovanni Tria: nessuna manina, solo "una soluzione tecnica" a tutela dei lavoratori, per pagare il Tfr, aveva detto il ministro liquidando l'attacco come "privo di fondamento e irrazionale". Ma il clima era tale che Garofoli decise di dare le dimissioni, dopo essersi consultato con il Quirinale che gli era sempre stato vicino: "È un prezzo che dobbiamo pagare. Siamo professionisti al servizio del Paese, come avviene in tutte le grandi democrazie occidentali", disse ai suoi collaboratori lasciando l'incarico per tornare al Consiglio di Stato.
Con la squadra Draghi formata (qui tutti i nomi), non c'è più un ministro dello Sport, ruolo ricoperto da Vincenzo Spadafora (M5S) nello scorso governo Conte. Sembra però che ci sia la possibilità che sarà affidata proprio a Garofoli una delega allo Sport.