Giovedì 26 Dicembre 2024
ANTONELLA COPPARI
Politica

Ritorno a Palazzo Chigi: "Sgomberato il campo dai temi più divisivi". E Meloni lancia Fitto

Riparte la politica con un vertice di maggioranza e poi il Consiglio dei Ministri. Sullo Ius Scholae "discuteremo sul testo". Manovra: finita l’era dei bonus.

Sulla sinistra Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, al centro la premier Giorgia Meloni e sulla destra Antonio Tajani, ministro degli Esteri

Sulla sinistra Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, al centro la premier Giorgia Meloni e sulla destra Antonio Tajani, ministro degli Esteri

Nelle intenzioni di Giorgia Meloni il vertice con i leader di maggioranza doveva servire a una sola cosa: chiudere una volta per tutte le fibrillazioni e le divisioni emerse durante l’estate per avviare "una narrazione sempre positiva". Bersaglio in buona parte centrato, almeno formalmente: il comunicato finale è una esagerata e dunque poco credibile assicurazione di "solida unità e compattezza", che arriva addirittura alla "totale sintonia su tutti i dossier, a partire dalla politica estera". Peccato che proprio sulla politica estera arriva l’increscioso incidente che fa traballare lo storytelling della premier: la Lega diffonde una nota significativamente diversa da quella di Palazzo Chigi nella parte che riguarda l’Ucraina. Al canonico appoggio a Kiev accosta "contrari a ogni ipotesi di interventi militari fuori dai confini ucraini", che non c’è invece nella nota diffusa dallo staff della premier. La correzione arriva subito dopo, "solo uno sbaglio per cui è stata inviata una versione non definitiva". È possibile che si sia trattato di un errore, anche perché tutti i partecipanti all’incontro con la premier – Matteo Salvini, Maurizio Lupi, Antonio Tajani – si erano presentati con la loro bozza di testo. Ma è possibile che la Lega abbia giocato d’astuzia per scoprire gli altarini. Se alla premier non fa piacere che si palesino paletti rigidi nei confronti di Zelensky per evitare pasticci con l’Europa, è vero che quella è la posizione dei partiti di maggioranza, ufficializzata prima del summit dal ministro degli Esteri.

Per il resto, il prezzo della "granitica unità" raggiunta dopo tre ore di riunione è una raffica di rinvii: solo sulla manovra Meloni è tassativa e concreta. Intima a tutti di smetterla di "avanzare richieste impossibili come quota 41 o le pensioni minime a mille euro. Così, si illudono solo gli elettori", e la delusione rischia di trasformarsi in un boomerang. Mette nero su bianco le priorità nel comunicato: riduzione delle tasse, sostegno a giovani, famiglie e natalità e interventi per le imprese che assumono. Nessun riferimento ufficiale agli argomenti che creano tensioni nel centrodestra per cui si sceglie la soluzione del rinvio.

"Abbiamo sgombrato il campo dai temi divisivi", conferma Salvini. A partire dalle nomine Rai che rischiano di slittare a metà settembre non solo per il braccio di ferro con la Lega sulle direzioni, ma anche per cercare un’interlocuzione con l’opposizione, indispensabile per il voto in Vigilanza. Sulle concessioni balneari è in corso la trattativa con l’Europa e dunque si stabilisce di aspettare a varare il decreto una decina di giorni. Idem sulle regionali: "Dobbiamo decidere". Quanto allo ius scholae si vedrà quando arriverà il testo annunciato da Tajani: verrà discusso, si cercherà la mediazione. "La bibbia resta il programma", sottolinea il Capitano. Anche per quanto riguarda la mina vagante più pericolosa, l’autonomia differenziata, la formula magica è prendere tempo "seguendo la legge". Che, tra le richieste e le valutazioni che devono essere fatte anche da alcuni ministeri compreso quello degli Esteri, non sarà realtà prima di mesi.

Musica simile al Consiglio dei ministri, che segue il vertice, aperto da una introduzione della premier, che resta sulle generali: l’importante è ufficializzare l’indicazione di Raffaele Fitto (anticipata alle opposizioni) come commissario europeo: "È una scelta dolorosa per me, credo anche per lui e per il governo ma è necessaria", dice, e scatta l’applauso dei colleghi per il ministro degli Affari europei. La partita con Bruxelles non è chiusa, Meloni insiste per una vicepresidenza esecutiva. Non è questione di "simpatia o antipatia verso il nostro governo", all’Italia spetta "come Paese fondatore". In realtà a rivendicare il merito di una trattativa con l’Europa sin qui più che soddisfacente è stato Antonio Tajani, che non ha esitato a sfruttarla per rafforzare il suo peso. Si definirà più avanti pure la nuova gestione del Pnrr post-Fitto: ogni soluzione è aperta, dall’interim di Meloni allo spacchettamento delle deleghe, benché continuino a girare voci di un rimpasto a novembre. "Andiamo avanti senza paura, saranno gli elettori a giudicarci", l’esortazione di Giorgia.

"La manovra confermerà che è finita la stagione di bonus", continua. Prioritario resta il capitolo migranti, Meloni rivendica il calo di sbarchi e morti e la revisione della Bossi-Fini. Insomma, il vertice è passato, la guerriglia si metterà per un po’ in sordina, ma le difficoltà restano tutte.