Capolista in tutte le circoscrizioni. In campo, alle Europee. In un’ottica, però, tutta italiana, quella di dimostrare che quel 26% arrivato dalle urne politiche nazionali era solo l’inizio. I futuri equilibri politici ai vertici delle istituzioni europee, sondaggi e proiezioni alla mano, sembrano puntare tutti verso una riedizione della cosiddetta maggioranza Ursula. Ma sarà necessario anche far capire agli alleati europei che Giorgia Meloni – premier di un Paese fondatore della Ue e che nel 2024 avrà la presidenza di turno del G7 – non può non sedersi al tavolo dove si decideranno i presidenti di Parlamento, Consiglio e Commissione Ue. Anche se questo dovesse comportare un accordo tra popolari e socialisti.
L’obiettivo di Fratelli d’Italia – non dichiarato, ma che è nelle aspirazioni dei vertici del partito – è arrivare al 30% dopo venti mesi al governo. Per rafforzare la premier non solo in Italia (anche rispetto agli alleati) ma pure in Europa, dove al momento non ci sono leadership forti. La Spd del tedesco Olaf Scholz, infatti, è in caduta di consensi e dopo le Europee il suo governo rischia contraccolpi, mentre il francese Emmanuel Macron ha una prospettiva limitata al 2027. Meloni sarebbe intenzionata a correre capolista in tutte e cinque le circoscrizioni, circostanza – quantificano a via della Scrofa – che porterebbe a FdI tra i due e i tre punti in più.
Ma non è solo Meloni a ipotizzare strategie politiche di prospettiva mettendosi direttamente in gioco.
Elly Schlein affina i temi che faranno da cardine alla campagna elettorale, (salario minimo e settimana corta lavorativa) che dovrebbero farle recuperare almeno una parte dei voti perduti, anche se il Pd, per quasi per tutti gli istituti, è ora sotto la soglia psicologica del 20%. Secondo le letture dei politologi, l’equilibrismo della segretaria tra la visione massimalista del partito (a braccetto con Maurizio Landini) e il punto di vista moderato delle correnti dem sarebbe una zavorra tuttora difficile da superare, ma il tema del lavoro sarà comunque la chiave della prossima partita elettorale. A cominciare da un tour nelle fabbriche per recuperare i moderati di sinistra, gli imprenditori e, perché no, i riformisti che hanno già abbandonato la flotta dem.
Le due mosse per inaugurare questa "fase 2", secondo alcuni retroscena non smentiti, sarebbero già decise. Inserire qualche imprenditore in lista alle Europee da un lato e avviare un tour per i distretti industriali dall’altro accompagnata dal suo ex sfidante Stefano Bonaccini. Le tappe principali saranno Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e il Sud. A febbraio, invece, l’idea è programmare una conferenza nazionale per illustrare il nuovo piano industriale targato Pd.
Acrobazie politiche, direbbe qualcuno, che somigliano molto a quelle che metterà in campo il M5s di Giuseppe Conte, che sul "no al Mes" ha intenzione di capitalizzare un bel po’ del consenso perduto. "Non siamo anti europeisti, siamo europeisti critici – ha detto qualche giorno fa Conte – vogliamo un’Europa che funzioni, e che sia all’avanguardia nella transizione energetica e nella giustizia sociale". Conte e il M5s, in verità, vogliono giocarsi il tutto per tutto il 9 giugno per conquistare la leadership dell’opposizione in una competizione con il Pd: è già partita la scelta dei candidati giusti per sparigliare e non soccombere, ancora una volta, sotto le contraddizioni politiche di sempre.