Roma, 8 gennaio 2020 - Luigi Di Maio potrebbe lasciare la leadership del M5s? Le voci, che si rincorrono ormai da settimane, di un possibile passo indietro del ministro degli Esteri dalla guida del Movimento, sono seccamente smentito dallo stretto entourage del capo grillino. Ma il dato di fatto è che ormai "Luigi" ha perso il controllo dei gruppi parlamentari. E quelli che se ne sono andati, o sono stati cacciati, soffiano sul fuoco di una balcanizzazione del partito sempre più evidente.
Il neo espulso senatore Gianluigi Paragone promette di farla pagare, forse anche costituendo un nuovo gruppo a Palazzo Madama con i fuoriusciti grillini (passati e venturi) e alla Camera l’ex ministro Fioramonti parla di "evidente deficit di democrazia interna" e con il suo futuro partito "Eco" punta ad attrarre quella parte di sinistra dei grillini che non si riconosce più nella linea espressa da Di Maio, spaccando il partito.
Il tutto mentre si sta consumando l’ennesima resa dei conti, ancora una volta legata alla questione delle rendicontazioni, che in parecchi parlamentari, per un motivo o per un altro, hanno messo di fare.
Ieri si è riunito il collegio dei probiviri (formato da Jacopo Berti, Fabiana Dadone – incompatibile nel ruolo, secondo lo Statuto, in quanto ministro – e Raffaella Andreola) per comminare sanzioni proporzionali ai mesi di ritardo dei versamenti e anche espulsioni per chi non rendiconta da un anno esatto. In tutto sarebbero 47 i non in regola (il 15%), ma la scure dei probiviri, al netto dei procedimenti disciplinari, si potrebbe abbattere sui cosiddetti "casi più gravi", a rischio espulsione. Ovvero cinque alla Camera: Nicola Acunzo, Nadia Aprile, Flora Frate, Paolo Niccolò Romano, Andrea Vallascas; e sei al Senato: Cristiano Anastasi, Vittoria Bogo Deledda, Alfonso Ciampolillo, Luigi Di Marzio, Fabio Di Micco, Mario Michele Giarrusso.
C’è però anche chi ha anticipato il verdetto lasciando ieri il Movimento, come il deputato Santi Cappellani. "Purtroppo – ha spiegato – avverto da tempo una profonda frustrazione e quando sento la frase “pugno di ferro” rabbrividisco". Cappellani contesta "una serie di azioni di imperio che hanno fatto venire meno proprio il sentirsi comunità", a partire dai "facilitatori" voluti da Di Maio, con la "volontà di eliminare ogni voce critica e ogni pensiero pensante".
Insomma, il Movimento perde pezzi su pezzi, ma le espulsioni verranno calibrate tenendo conto degli esili numeri della maggioranza al Senato, anche se il problema sembra non sfiorare Di Maio, troppo intento a esercitare – appunto – il ‘pugno di ferro’. E così, tra breve, si tornerà a parlare dei cosiddetti responsabili (soprattutto senatori di Forza Italia) che sarebbero pronti a votare contro le indicazioni dei vertici per salvare la legislatura. Dal Misto, intanto, spara a palle incatenate la ex Elena Fattori. "Dopo le proteste dei parlamentari si rende pubblico il conto intestato anche a Luigi Di Maio – scrive, parlando delle rendicontazioni – e il tesoretto sul conto privato di Luigi di Maio e soci al 4 novembre 2019 era di 4 milioni di euro (e pochi spicci). Se le Camere si fossero sciolte in quella data sarebbero andati tutti all’associazione Rousseau".