Roma, 14 settembre 2015 - Per capire qualcosa dall’intrico sul Senato partiamo dalle certezze. La prima è che fin dall’inizio esso ebbe ben pochi difensori perché si scelse di farne un ‘inutile doppione’ (Mortati). Successivamente, più che inutile è diventato dannoso. Da quando gli elettori, dopo la caduta del Muro, si muovono più liberamente, il rischio di maggioranze difformi si è materializzato spesso. Per di più, avendo potenziato il sistema regionale, si è rivelata con forza la mancanza di una sede di coordinamento e davanti alla Corte costituzionale si è moltiplicato il contenzioso tra Stato e Regioni. La seconda certezza è che i pilastri, votati già sia dal Senato sia dalla Camera, sono solidi e che rappresentano una delle possibili soluzioni. Tecnicamente, ce ne sarebbero state anche altre, ma, se non si vuole cadere in un vacuo benaltrismo, è difficile negare che la direzione sia giusta. Il cuore è un Senato rappresentativo delle istituzioni territoriali mentre la partita per il governo si deve giocare solo alla Camera sia rispetto alla fiducia sia rispetto all’applicazione del programma di chi ha vinto le elezioni, senza poteri di veto anomali. Il problema di queste ore è come consentire che ci sia una qualche forma di indicazione popolare dei consiglieri che faranno anche i senatori. Siccome l’articolo che prevede l’elezione è passato in modo sostanzialmente identico in entrambe le Camere (tranne un aspetto secondario che non rimette comunque in discussione l’elezione indiretta e che quindi non può essere usato come un cavallo di Troia per ridiscutere tutto), alcuni, in ultimo il centro di ricerca Astrid, hanno proposto di inserire in un altro articolo il principio di un’indicazione popolare che preceda l’elezione dei Consigli, analogamente a quanto si fa per il presidente del Consiglio. Altri, in particolare il senatore Tonini, hanno sostenuto che, qualora vi fosse un consenso politico quasi unanime, si potrebbe anche soprassedere all’inemendabilità dell’articolo (altrimenti, in termini di stretto diritto, pressoché scontata sia in Commissione sia in Aula, nonostante le cautele del Presidente Grasso) e porre lì tale indicazione. L’importante, alla fine, è che non si rinunci al principio di un Senato rappresentativo delle istituzioni territoriali, evitando di riprodurre doppioni o inutili o dannosi.
PoliticaRiforme Senato, basta doppioni