Roma, 9 maggio 2023 – Dopo otto ore di incontri con le delegazioni dei partiti di opposizione, Giorgia Meloni sceglie di guardare il classico bicchiere mezzo pieno, anche se stavolta in realtà è semivuoto. Nella rapida conferenza stampa finale assicura di voler continuare nel tentativo di dialogo, sottolinea più volte di aver trovato idee diversissime tra gli interlocutori al contrario di quanto auspicato: “Speravo che avessero posizioni più coese, invece sono molto variegate”. Promette al più presto una proposta del governo: “Cercheremo di elaborarla, tenendo conto delle valutazioni fatte. Mi auguro che ci sia condivisione, in ogni caso il governo andrà avanti”.
Sul tavolo i leader di opposizione si sono trovati tre proposte, diversissime tra loro, tenute insieme solo dai due elementi che per la premier sono irrinunciabili: il “rispetto della volontà popolare”, traduzione corrente l’elezione diretta del capo dello Stato o del governo, e la “stabilità”.
È su questo punto che Giorgia martella: “L’instabilità ha prodotto gravi danni al paese, ha causato la nostra debolezza economica, ha compromesso la nostra credibilità internazionale, ha prodotto la disaffezione dei cittadini italiani”. Ma quale soluzione abbia in mente per ovviare a un guasto che è considerato da tutti gravissimo, ancora non è chiaro. Si sa solo che la proposta di sfiducia costruttiva, avanzata dal Pd e Terzo polo e non invisa a Conte, le pare largamente insufficiente. In ogni caso, la premier ha preso in mano le redini della vicenda: ha parlato quasi solo lei negli incontri, anche se a Montecitorio con lei c’erano i due vicepremier, il ministro dei rapporti con il Parlamento, Ciriani, i due sottosegretari alla presidenza Mantovano e Fazzolari. Pochissimi gli interventi della ministra responsabile del settore, Elisabetta Casellati. Pur senza sciogliere la riserva, quando la giostra si arresta Meloni fa capire che la proposta si articolerà attorno al premierato, cioè all’elezione diretta del capo del governo. Perché? Semplice: mentre i partiti di sinistra hanno bocciato tutte le opzioni, il terzo Polo – tanto nell’anima calendiana che in quella di Italia viva, rappresentata da Maria Elena Boschi – ha spalancato le porte al premierato. Non esiste da nessuna altra parte del mondo: poco importa. “Stati Uniti o Francia? Possiamo immaginare un modello italiano”, avverte Giorgia. Non piace alla maggior parte dell’opposizione, ma almeno una sponda centrista c’è.
Il problema lo crea a sorpresa, prima che inizino le consultazioni, la Lega. “Se Meloni passa all’elezione diretta del capo del Governo, noi chiediamo garanzie per il ruolo del Parlamento”, dichiara in tivù il capo dei deputati leghista, Riccardo Molinari. A porte chiuse è anche più chiaro: eravamo d’accordo per il presidenzialismo, ora leggeremo la nuova proposta, comunque l’idea che se il premier viene sfiduciato e si dimette le Camere vanno a casa non esiste.
Il punto è che un premier eletto ma che può essere cambiato ha ben poco a che vedere con il dogma meloniano del “rispetto della volontà popolare”. In fondo, sia pure in modo allora informale, si tornerebbe alla situazione del bipolarismo, quando gli elettori votavano per Berlusconi o Prodi, per poi vederli sostituiti a Palazzo Chigi. È probabile che il Carroccio più che a mettersi in mezzo miri ad incassare entro l’anno l’autonomia differenziata. Quando si arriverà a discutere delle riforme, le opposizioni chiederanno di vagliare e certamente bocciare anche l’autonomia di Calderoli. Meloni del resto si dice disponibile a discutere di tutto, anche di autonomia, ma già concede molto alla Lega: “Sono pronta a spiegare come l’autonomia e la riforma delle istituzioni centrali si tengono insieme”. E tra spiegare e discutere c’è una bella differenza. Ma soprattutto, accetta per la prima volta l’idea che marcino con tempi diversi. "Non l’abbiamo presentate insieme perché camminano con passi diversi". Più o meno l’obiettivo a cui mirano Salvini e Molinari. Già ma dove dovrebbe svolgersi questa discussione? Resta indefinito: forse in una Bicamerale, alla quale tiene Marcello Pera, forse nelle commissioni Affari costituzioni congiunte, sponsorizzate da Elisabetta Casellati, forse in una commissione ad hoc: proposte che sono rimbalzate nell’uno o nell’altro colloquio. A conti fatti è l’unico punto su cui maggioranza e opposizione sono d’accordo: un luogo istituzionale dove discutere e prendere atto di una divisione insanabile serve.