Martedì 24 Dicembre 2024
REDAZIONE POLITICA

Riforma premierato: cosa prevede e perché viene contestata

Il contenuto del disegno di legge Casellati che modifica la Costituzione. Qual è l’iter parlamentare?

Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni

Roma, 18 giugno 2024 – La riforma sul premierato ha ricevuto l’ok in Senato. Dopo aver infiammato l’Aula per mesi, il disegno di legge Casellati ha ottenuto il via libera (il primo dei tre necessari, trattandosi di riforma costituzionale). Cavallo di battaglia di Giorgia Meloni, è fortemente contestato dalle opposizioni e anche da una nutrita schiera di costituzionalisti. “Il premierato non esiste in nessun Paese e indebolisce la democrazia”, afferma la segretaria del Pd Elly Schlein

Il passaggio che solleva le maggiori perplessità è quello che sancisce l’elezione diretta del Presidente del Consiglio: il premier, investito direttamente dal popolo e forte di una maggioranza blindata in virtù di un nuovo meccanismo elettorale, vedrebbe aumentare i suoi poteri sul Parlamento e il Capo dello Stato, a discapito dell’equilibrio dei poteri sancito dalla Costituzione. Ma in cosa consiste nel dettaglio questa riforma? E quali sono gli step utili per una eventuale approvazione? Ecco i punti fondamentali.

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Sommario

Cos’è il Premierato?

Il Premierato, parte del disegno di legge Casellati, è una riforma che modifica la Costituzione, rafforzando l’autorità del Presidente del Consiglio. Ad oggi, il premier viene scelto dai membri del Parlamento, direttamente eletti dal popolo. A loro il compito di esprimere una preferenza per un governo e un Primo Ministro, che vengono incaricati direttamente dal Presidente della Repubblica, sulla base dell’andamento delle elezioni e delle possibili maggioranze in Parlamento. Con la nuova proposta di legge che sostituisce l’articolo 92 della Costituzione sulla formazione del governo, il premier verrebbe, invece, eletto direttamente dal popolo. Il presidente del Consiglio non potrebbe rimanere in carica per più di due mandati, salvo il caso in cui nella legislatura precedente abbia ricoperto l’incarico per un periodo inferiore a sette anni e sei mesi. Questo al fine di evitare di perpetuare il potere di un unico governo e favorire un ricambio politico. Tutte le liste collegate al Presidente del Consiglio avrebbero una maggioranza del 55% in entrambe le Camere, anche se questo aspetto non è stato definito e verrà discusso solo dopo l’eventuale approvazione della riforma. 

Iter parlamentare di riforma costituzionale

Trattandosi di una legge che modifica il testo della Costituzione, la proposta deve affrontare un iter molto lungo e complesso. Ogni Camera deve approvare il disegno di legge per due volte, a distanza di almeno tre mesi l’una dall’altra, e sono approvate a maggioranza assoluta nella seconda votazione. Se la proposta ottiene i due terzi del consenso di entrambe le Camere, essa sarà approvata definitivamente. In caso, invece di maggioranza semplice, dovrà essere sottoposta a un referendum popolare

Cosa prevede

Articolo 1

Il disegno di legge prevede anzitutto l’eliminazione della nomina dei senatori a vita, attualmente garantita dall’articolo 59 della Costituzione. Questo titolo viene conferito dal presidente della Repubblica ai “cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”. Il loro numero non può essere superiore a 5. Meloni ha più volte ribadito che la nuova norma, se approvata, non interesserebbe i senatori attualmente in carica. Inoltre, tutti i presidenti della Repubblica uscenti continuerebbero a mantenere questo titolo. 

Articolo 2

È prevista, inoltre, la modifica dell'articolo 83 della Costituzione, che prevede l'abbassamento del quorum per l'elezione del presidente della Repubblica, ossia da due terzi alla maggioranza assoluta, operi non più dopo il terzo ma dopo il sesto scrutinio.

Articolo 3

Nella proposta si vieta al capo di Stato di sciogliere solo una delle due Camere. Questo potere, garantito dall’articolo 88, non è mai stato esercitato nella storia della Repubblica, dato che Camera e Senato sono sempre state sciolte contemporaneamente. Il ddl Casellati consente al Capo di Stato di sciogliere le camere anche durante il semestre bianco, ovvero gli ultimi sei mesi del suo mandato. Sarà possibile solo quando lo scioglimento rappresenta un “atto dovuto”, cioè viene espressamente chiesto dal premier sfiduciato o dimissionario.

Articolo 4

Il ddl Casellati punta ad abolire anche l’istituto della controfirma del governo su una serie di atti propri del capo dello Stato, ossia la nomina del presidente del Consiglio dei ministri, la nomina dei giudici della Corte costituzionale, la concessione della grazia, la commutazione delle pene, il decreto di indizione delle elezioni e dei referendum, i messaggi alle Camere, il rinvio delle leggi alle Camere.

Articolo 5

La novità più rilevante della riforma è l’elezione del primo ministro. Il premier verrebbe “eletto a suffragio universale diretto per la durata di cinque anni”. In questo modo non sarebbe più nominato dal presidente della Repubblica, come accade ora, che dovrebbe solo conferirgli l’incarico di formare il governo. Il presidente manterrebbe invece il potere di nominare o revocare i ministri su proposta del primo ministro, proprio come avviene oggi. La revoca è stata aggiunta con un emendamento approvato in commissione, per specificare che al presidente della Repubblica compete questo potere.

Articolo 6

Integra l'articolo 57 della Costituzione, prevedendo che il principio dell'elezione su base regionale del Senato debba comunque far salvo, oltre ai seggi assegnati alla circoscrizione estero (come previsto dal testo vigente), anche il premio su base nazionale di cui all'articolo 92 della Costituzione, così come modificato dall'articolo 5 del disegno di legge costituzionale.

Articolo 7

Il disegno di legge prevede anche delle modifiche al meccanismo con cui il governo ottiene la fiducia. Ad oggi, se questa non viene concessa dalle Camere entro dieci giorni, il presidente della Repubblica può decidere se rinnovare il mandato del premier o avviare consultazioni con i parlamentari per nominarne uno nuovo. Con la nuova riforma, se il presidente del Consiglio eletto e il suo governo non ottengono la fiducia delle camere, queste vengono subito sciolte e si torna a votare. Il ddl Casellati prende in considerazione anche l’eventualità che un governo perda la fiducia durante il proprio mandato o la presenza di un primo ministro dimissionario. Al momento, in situazioni del genere, si procede subito alla formazione di una nuova maggioranza parlamentare. Tuttavia, se venisse approvata la riforma, il presidente della Repubblica conferirebbe l’incarico di formazione di un nuovo governo solo al presidente del Consiglio o a un parlamentare a lui collegato. Si eviterebbero, quindi, rimpasti di governo che, nella storia del nostro Paese, hanno portato al potere coalizioni politiche piuttosto eterogenee. Il nuovo premier potrebbe essere eletto solo tra i membri dello stesso partito o coalizione di quello uscente. Nel caso in cui il nuovo governo perda nuovamente la fiducia, si ricorrerebbe alle elezioni.

Articolo 8

L’ultimo punto del ddl Casellati presenta due norme transitorie. Una prevede che restino in carica i senatori a vita già nominati alla data di entrata in vigore della legge costituzionale. L'altra stabilisce che la legge costituzionale si applichi a decorrere dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle Camere, successivi alla data di entrata in vigore della nuova disciplina.