Roma, 28 febbraio 2025 – L’ordine della premier è perentorio: la riforma non deve apparire nemica dei magistrati. Mentre le toghe in tutta Italia incrociano le braccia per protesta, Giorgia Meloni convoca a Palazzo Chigi i leader alleati, il Guardasigilli Carlo Nordio, il sottosegretario Alfredo Mantovano, i presidenti delle commissioni Giustizia di Camera e Senato, Ciro Maschio e Giulia Bongiorno oltre a quello della Commissione Affari costituzionali di Montecitorio, Nazario Pagano, e detta la linea: dialogo, dialogo, dialogo. Il più solerte nel raccogliere l’indicazione è Antonio Tajani, ovvero il principale sponsor della riforma che ha superato il primo dei quattro passaggi parlamentari, e assicura: “Non c’è alcun tentativo di voler mettere sotto il controllo del governo alcun magistrato. Non esiste, non c’è scritto in nessun testo, non ci abbiamo mai pensato”. Poi rilancia: “Siamo disposti al dialogo”. I ministri obbediscono tutti alla presidente, se c’è irritazione per la mobilitazione togata – e naturalmente ce n’è parecchia – viene tenuta in sordina: “Scioperare è legittimo, lo sciopero non crea problemi al governo, ma allunga i tempi dei processi”, si limita a dire Tajani.

I parlamentari sono meno disciplinati: si scatena Sergio Rastrelli (FdI) che parla di “arroccamento corporativo, viziato nel merito, inaccettabile nel metodo ed eversivo nei fini”. Ma la mazzata arriva dalla Lega: la più avara in offerte di dialogo, la più generosa nel lancio di bombe incendiarie. L’ex magistrata Simonetta Matone è sintetica e definitiva: “La Costituzione ci insegna che la sovranità appartiene al popolo e che la Repubblica è fondata sul lavoro. Le toghe che usano la Carta per attaccare il governo non l’hanno mai letta o non l’hanno capita”. Alla faccia del dialogo.
Intemperanze o sabotaggi a parte, resta da capire cosa può offrire la premier ai magistrati. Da via Arenula assicurano che nel summit di maggioranza non è stata stabilita nessuna proposta. Il 5 marzo la premier vedrà il nuovo presidente dell’Anm, Cesare Parodi, e i vertici delle Camere penali: mossa astuta dal momento che i magistrati chiederanno di rimangiarsi la riforma e gli avvocati riequilibreranno intimando di non toccarla. Solo dopo quegli incontro, si fa sapere, verrà delineato il terreno di un possibile confronto.
In realtà non sembra che il governo intenda andare oltre quel che era già noto: la separazione delle carriere non si tocca, ma la si potrà poi ammorbidire con leggi di attuazione concordate anche con le toghe. In più si aggiungerebbero le quote rosa (come richiesto da un ordine del giorno di Forza Italia approvato un mese fa) e il sorteggio temperato del Csm, ovvero su una platea scelta dai magistrati per quanto riguarda i membri togati, dal Parlamento per gli esponenti laici. Proprio i centristi si mostrano pronti ad aprire anche di più: “Non si può dire la riforma non si tocca, se si dialoga non si possono mettere paletti”. Dietrofront sulla separazione delle carriere no, “era nel nostro programma, gli elettori ci hanno votato anche per questo”, ma neppure blindatura del testo approvato alla Camera.
Il Colle segue la situazione con la comprensibile apprensione di un Presidente di fronte a uno scontro tra poteri dello Stato di queste dimensioni, però non commenta: da un lato ogni appello al dialogo va nella direzione da lui indicata. Dall’altro, le proposte del governo, se saranno davvero quelle di cui si parla, non sarebbero sufficienti a evitare lo scontro frontale. Perché gli elementi sui quali i magistrati non sono disposti a transigere sono due: separazione dei Csm e, appunto, sorteggio. Poco importa se temperato o meno. Insomma, le possibilità reali di dialogo se non proprio inesistenti, sono comunque ridotte all’osso, ma l’importante per la premier è evitare l’immagine di un governo intenzionato solo a mettere sotto il suo controllo la magistratura.