Se ne parla da oltre 20 anni. Ma domani potrebbe finalmente essere la volta buona: sul tavolo del Consiglio dei ministri arriverà il Ddl che introduce la cosiddetta autonomia differenziata. In sostanza, il passaggio di una serie di competenze, dalla scuola alla sanità, dai porti ai beni culturali, alle Regioni. Un’operazione prevista per la verità dal terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione, modificato dal Parlamento nel 2001. Ma di che cosa si tratta?
Aggiornamento: Autonomia differenziata, approvata la proposta di Calderoli. Bonaccini: "Irricevibile"
Che cosa passa alle Regioni
Sono molte le materie che possono passare alle Regioni, con tanto di risorse finanziarie e di personale. L’elenco è lungo e va dalla giustizia di pace alle norme generali sull’istruzione, dalla tutela di ambiente ai beni culturali. Fra le materie ci sono anche quelle relative alla salute, alla produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, alla previdenza complementare e integrativa oltre a finanza pubblica e sistema tributario.
Le intese con le Regioni
Ci saranno intese ad hoc per l’attribuzione delle nuove risorse e delle nuove funzioni fra Regioni e Stato Centrale. Gli accordi avranno durata decennale ma potranno essere modificate su iniziativa di una delle due parti. Viene anche rafforzato il ruolo del Parlamento, che avrà 60 giorni di tempo per esaminare le intese sulle attribuzioni delle nuove funzioni. Sul testo potranno dire la sua anche il Mef e gli altri ministri competenti per materia. Lo schema di intesa andrà poi trasmesso immediatamente alla Conferenza unificata, e non dopo la sottoscrizione. Lo schema di intesa definitivo va approvato dalla Regione, poi entro 30 giorni è deliberato dal Cdm.
Prestazioni minime uguali per tutti
Alcuni settori, come la Sanità, l’istruzione o i servizi sociali, possono passare alle Regioni solo una volta che siano stati definiti i relativi Livelli essenziali delle prestazioni (Lep). Facciamo un esempio. Supponiamo che due città abbiano un numero di posti disponibili negli asili nido rispettivamente del 20 e del 3%. Toccherà al governo fissare la soglia minima sotto la quale le Regioni che erogano quel servizio non possono scendere. La definizione dei Lep andrà di pari passo con la determinazione dei costi standard. Non potrà più accadere che il costo di un servizio o di un prodotto sia diverso se acquistato a Milano o a Palermo. I costi e i fabbisogni standard saranno determinati "entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, da una Commissione tecnica".
Alcune tasse restano sul territorio
Ma come faranno i governatori a fornire i servizi oggi garantiti dallo Stato? Toccherà a una Commissione Paritetica Stato-Regione definire quanto personale e con quali risorse potrà passare alle amministrazioni locali. La novità: i governatori potranno trattenere parte delle tasse o dei tributi maturati nel territorio. Il passaggio delle competenze dovrà essere a costo zero per lo Stato e non potrà pregiudicare l’entità delle risorse da destinare alle altre Regioni.
Che cosa succede per la sanità e la scuola
La Salute potrà essere demandata in toto alle Regioni, con un grado di autonomia molto più ampio di quello oggi in vigore. In questo caso, però, l’amministrazione dovrà garantire una serie di parametri definiti nei Lep, come ad esempio il numero dei posti letto per popolazione o quello degli ambulatori o ancora le liste di attesa per un esame. Fissato il livello minimo, saranno le Regioni più virtuose a garantire prestazioni migliori. L’autonomia differenziata non consentirà, invece, alle Regioni di modificare il programma didattico o svolgere attività di insegnamento o ancora gestire i concorsi, attività che restano allo Stato. Ma le amministrazioni che faranno richiesta di avere più poteri in questo settore avranno mano libera in materia di organizzazione, magari iniziando un anno scolastico con i docenti assegnati alle classi fin dal primo giorno.