Giovedì 28 Novembre 2024
REDAZIONE POLITICA

Renzi e il nuovo partito Italia Viva, ecco quanto può valere secondo i sondaggisti

L'analisi di Noto, Buttaroni e Risso sui consensi che può raccogliere il senatore del Pd con la sua nuova formazione politica

Renzi nello studio di Lucia Annunziata (Imagoeconomica)

Renzi nello studio di Lucia Annunziata (Imagoeconomica)

Roma, 17 settembre 2019 - Nella tarda serata di ieri, con una telefonata al premier Conte, l'ex presidente del Consiglio Matteo Renzi - oggi senatore della Repubblica - ha ufficializzato il suo addio al Pd. Una scissione che era nell'aria ormai da giorni che pare aver disorientato anche i sondaggisti.

NUOVO PARTITO DI RENZI ITALIA VIVA: I SONDAGGI - C'è chi, come il presidente di Tecnè Carlo Buttaroni, usa una forbice ampia e colloca la nuova forza tra il 4 e il 7,5%, chi, come il direttore di Ipr Marketing Antonio Noto è più preciso e lo dà al 5% e chi, come il direttore scientifico di Swg Enzo Risso non si spinge a "fare oroscopi". Il punto è che il contesto politico è cambiato completamente in un mese. "Fino al governo gialloverde, il quadro delle pulsioni politiche italiane si disegnava lungo due assi: comunità chiusa contro comunità aperta e popolo contro élite", spiega Risso, che preferisce ricostruire il contesto sociologico dell'elettorato invece di azzardare percentuali. Con la formazione del governo Pd-5 stelle c'è stata anche una evoluzione dello scacchiere politico: "si è allargato lo spazio di centro, non fatto più soltanto di borghesia urbana, ma anche di persone che votavano 5 stelle e che non si riconoscono né a destra né a sinistra. Si è allargato l'alveolo. Prima si andava verso il tripolarismo e adesso si va verso un bipolarismo con un centro sempre più pesante".

Renzi racconta a Porta a Porta il suo Italia Viva

IL PESO DELLE NUOVE ALLEANZE - Tutto sta a capire come reagirà l'opinione pubblica ora che nell'area moderata c'è un vero e proprio sovraffollamento: "Berlusconi, Carfagna, Toti, Calenda, Conte, Cairo e ora anche Renzi. C'è la fila per intenderci". Disamina sulla quale concorda Buttaroni di Tecnè, che colloca Renzi tra il 4 e il 7,5%. Stima da valutare con un attenzione, perché fatta prima che cambiasse il contesto politico e "un conto è scindersi dall'opposizione, un conto è scindersi dalla maggioranza": "Dall'opposizione i decibel si possono alzare. Stando con la maggioranza bisogna giustificare i motivi per cui si appoggia un determinato provvedimento". Un elemento da non sottovalutare, anche per lui, è che da agosto in poi il ruolo del presidente del Consiglio ha preso più forza, e incide su un bacino elettorale analogo a quello di Renzi, un centro 'lib-dem' ed europeista. Se sarà la forza di Carlo Calenda a svuotare il contenitore di Renzi o piuttosto il contrario, è difficile dirlo. Anzi, difficilissimo: "Siamo nel campo della scissione dell'atomo. Quell'area moderata progressista europea è la stessa di Renzi, Conte e Calenda. I tre si distinguono solo per la forza che mettono nel fare le cose: Renzi è molto forte ma anche molto divisivo, Conte è molto apprezzato - il più apprezzato di tutti - ma anche più debole, Calenda si colloca a metà. Come andrà a comporsi questo caleidoscopio lo capiremo solo col tempo. Sono tre leader che insieme non possono stare, ma che hanno lo stesso bacino elettorale".

La vocazione di Matteo Renzi: delfino di Berlusconi

CONSENSI PERSI - Un dato su Renzi impressiona e lo dà Noto: subito dopo che si è iniziato a parlare di scissione, l'elettorato di riferimento di Renzi era stimato intorno al 10%. Insomma per il direttore di Ipr Marketing l'ex premier avrebbe perso la metà dei consensi. E non solo, perché "i partiti che non esistono nei sondaggi sono sovrastimati, gli elettori ripongono aspettative che poi nei fatti possono trasformarsi in delusioni", quindi quel 5% potrebbe essere anche meno. Da chi è formato? "Dal 3% di elettori del Pd, all'1% di elettori di Forza Italia e dall'1% di elettori che non sono fidelizzati a nessun partito". La scissione, insomma, farà perdere almeno 3 punti al Pd, che a questo punto sarà giudicato rispetto al lavoro di governo più che rispetto al programma. Il gradimento per Renzi è al momento alla pari di quello per Berlusconi. Zingaretti ha livello fiducia maggiore: "ma attenzione, gradimento non significa consenso".