Giovedì 31 Ottobre 2024
BRUNO VESPA
Politica

Le manovre di Renzi: un nuovo centro fuori dal Pd. “Voglio rifare la Margherita”

Nel nuovo libro di Bruno Vespa il leader di Italia viva racconta la sua sintonia con Schlein

L'abbraccio fra Elly Schlein e Matteo Renzi durante la Partita del Cuore

L’abbraccio tra Matteo Renzi ed Elly Schlein in campo il 16 luglio scorso durante la Partita del cuore all’Aquila Il leader di Italia viva ha apprezzato la linea di Schlein rispetto al “no ai veti” sulle alleanze

Ed eccolo il reprobo, l’eterno Giamburrasca della politica italiana, che tutto sfascia convinto di restaurare, che fa e disfa alleanze sicuro di fare il “bene comune”, che recupera il rapporto con Elly Schlein nove anni dopo che lei aveva abbandonato il Partito per non avere niente da spartire con lui. Giuro che avrei scommesso una cifra non simbolica sull’ingresso di Italia viva nel Parlamento europeo. L’alleanza con i radicali di +Europa era una piccola assicurazione sulla vita, quel paio di punti che gli avrebbero garantito forse un 5 per cento, più del povero 4 necessario come biglietto d’ingresso a Bruxelles. E invece è arrivato un 3,78 utile a incartare solo una formidabile delusione.

È vero che le elezioni politiche del 2027 sono lontane, ma nel frattempo si voterà per parecchie regioni, spesso la competizione si trasformerà in ordalia e basterà un niente per vincere e per perdere. E quindi, anche i punticini del Renzi sconfitto possono tornare buoni. Poi, come abbiamo visto, si è messo di traverso Conte, ma il rapporto Renzi-Schlein regge. Per adesso… Dico al senatore che, nella famosa Partita del cuore dell’Aquila, ha fatto un bell’assist a Elly, ma l’ha mandata in fuorigioco, come fa spesso in politica. “Sì, ma Elly, con il mio assist, ha fatto gol” ribatte subito lui. È stata quella partita l’occasione galeotta per rimettervi insieme?, gli chiedo. “Non sta né in cielo né in terra che un’alleanza del genere nasca da una partita di calcio” risponde. “Il 5 luglio, dodici giorni prima della partita, Elly alla direzione del Pd disse: “Basta veti sulle alleanze””.

Renzi le scrisse: “Sei sicura di reggere non mettendo veti su di me?”. Cosa le rispose Schlein? “Ebbi la garanzia che, da parte loro, non sarebbe accaduto. Diverso e per me ininfluente sarebbe stato un veto dei 5 Stelle sul garantismo o dei Verdi sul termovalorizzatore di Roma (...). L’importante è che non provino mai a costringermi a rinnegare le mie idee: non lo farei, non lo farò”. Quando vi siete incontrati con Schlein? “Mai, solo messaggi. Una leggenda parla di un incontro segreto in barca. Non è vero, solo WhatsApp e telefonate. E all’Aquila, in mezzo a tanta gente, io e Elly abbiamo parlato con tutti…”.

Domando a Renzi se non ha fatto questo accordo per garantirsi qualche seggio alle elezioni del 2027… “Una barzelletta” replica seccamente. “Mi sono dimesso da Palazzo Chigi pur avendo 174 voti di fiducia. Ho ritirato la delegazione rinunciando ai ministeri pur di portare Draghi al governo. Ho lanciato il Terzo polo che ero solo soletto. A me i seggi interessano nella misura in cui servono a un’operazione politica (...)”. Il presidente di Italia viva mette in campo la sua storia e le sue battaglie. “Non so se avrò la forza di vincere la battaglia dei veti (...). La mia idea è che tra mille manovre tattiche che ho fatto e che rivendico (...) ho sempre puntato sul centro che guarda a sinistra. E lo farò anche stavolta, a viso aperto”.

Ma oggi il Pd è di… “Sinistra-sinistra” completa la frase. “Se Elly avrà la forza di superare i veti di 5 Stelle e Verdi e Sinistra, si giocherà una partita nuova. Altrimenti andrò in campo da solo a combattere l’eccesso di estremizzazione del Pd”. Ce la farà la Schlein? “Non lo so. Vedremo se mantiene il suo no ai veti: se la fanno indietreggiare su questo, perde di credibilità oggi e, in prospettiva, perde il ruolo di leader domani nella corsa per Palazzo Chigi”. Non ha la sensazione che Conte preferisca che Meloni rimanga a Palazzo Chigi piuttosto che ci vada Schlein?, gli chiedo. “Sì, sono d’accordo” annuisce. “Del resto, Conte non ha mai fatto gavetta e la sua prima esperienza istituzionale è stata a Palazzo Chigi. Si ritiene, perciò, depositario di una sorta di diritto divino. Ieri Draghi, oggi Meloni, domani Schlein o chiunque altro, per lui comunque sono tutti degli abusivi. L’unica opzione è se stesso”. E quindi? “E quindi preferisce che rimanga Meloni all’arrivo di Schlein. Vive di risentimento nei miei confronti perché sono quello che l’ha sloggiato dal posto in cui pensava di avere una residenza permanente (...)”.

Secondo Renzi, “la coalizione di centrosinistra con Conte è come l’Unione di Prodi, con tutte le sue ambiguità e debolezze. A destra sono molto più bravi a unirsi nel momento decisivo. A sinistra, la somma teorica dei partiti porta a un numero competitivo. Ma la politica è altro”. E aggiunge: “Conte è la vera stampella della Meloni (...)”.

Ha dei rimpianti per il fallimento del Terzo polo? “Ciò che ha sprecato Calenda è incredibile: gli avevamo consegnato una macchina in grado di andare lontano, l’ha mandata a sbattere alla prima curva. Non credo sia cattivo ma, come disse lui stesso venendo alla Leopolda, di politica non capisce nulla (...). Ecco, ce ne siamo accorti. Oggi poteva esserci uno spazio fantastico. Non ho rimpianti, ma la scelta di distruggere tutto è stata assurda e masochista. Io considero il centro come un luogo politico che tenga insieme la sinistra riformista e i cattolici democratici che non amano stare nel Pd”. Insomma, un ritorno alla Margherita (la forza politica centrista nata nel 2002 e confluita nel 2007 nel Partito democratico)… “Una nuova Margherita che ospiti anche chi non si trova a proprio agio in un Pd di sinistra-sinistra”.