Roma, 7 settembre 2015 - COMPAGNI E AMICI. Innovazione nella continuità. Il discorso di Renzi, a chiusura del Festival dell’Unità di Milano, è sincretico. Concilia e fonde gli opposti, dicendo a quella sinistra che lo contesta che lui stesso e la sua politica sono la vera sinistra. Fanno gioco gli aspetti simbolici. I festival che tornano a essere dell’Unità; il ritorno in edicola del quotidiano «fondato da Antonio Gramsci» e il richiamo ai valori della Resistenza ‘accreditano’ a sinistra il premier. Come lo fa il richiamo al partito che da ‘liquido’ vuol diventare pesante. I circoli, che sarebbero 6.500, diverranno 10.000 in un anno, dice. Ma soprattutto non si chiameranno circoli – sbaglia Guerini –, ma sezioni, secondo la dizione ‘continuista’. Rientra nel parterre dei temi classici della sinistra anche l’apertura agli immigrati sui quali Renzi si è a lungo soffermato. Da rapido interprete degli umori dell’opinione pubblica e capace comunicatore si è fatto accompagnare dalla foto drammatica di Aylan, riverso sulla spiaggia. Dopo la svolta della Merkel, Renzi sa che tutta la destra europea e quindi italiana si trova in difficoltà e ha dato l’affondo con parole fin troppo dure, «gli umani contro le bestie». Detto ciò, i problemi restano aperti e gli umori dell’opinione pubblica fanno presto a rovesciarsi di 180 gradi, passando da una commozione all’altra di segno opposto.
LA CHIAVE di tutto il discorso è trionfalistica. Renzi parte dal successo dell’Expo per risalire a ritroso a tutti i provvedimenti di legge varati ed enumerare quelli in corso d’opera. Tutto potrebbe andare meglio e meglio andrà, ma intanto l’Italia sta ripartendo e siamo solo agli inizi: l’intero discorso ruota attorno a questo sentimento. Nessuna polemica diretta con la sinistra interna se non per inciso, quando Renzi condanna la discussione fra le correnti. Sulla legge elettorale e sulla riforma costituzionale solo punti fermi. Per la prima il messaggio è chiaro: non si cambia. Magari sono un po’ eccessivi i presunti meriti della legge, per cui il deputato eletto nei cento collegi sarebbe costretto a ‘guardare negli occhi’ gli elettori se vota contro il governo. Forse pensava ai dolori dell’oggi. Per la riforma costituzionale è evidente la volontà di dialogo. Senza dire con quali limiti.