Roma, 22 maggio 2019 - La prima domanda che faccio a Matteo Renzi è la più banale che si possa fare. Ma solo apparentemente, visto che lui è stato il trionfatore delle ultime elezioni europee e ora, queste prossime, le guarda stando in tribuna. Senatore, come sta?
"Molto bene. La verità vera è che la qualità della mia vita è migliorata. Viaggio molto all’estero. Sto con la famiglia. Mi preparo alla maratona. Quanto alla politica, sono in pace con me stesso. Faccio il senatore, mi occupo del mio territorio. E quello che abbiamo fatto negli anni scorsi, soprattutto in materia economica, resta. E poi, paradossalmente, la cialtronaggine di chi ha preso il nostro posto fa capire a tutti la differenza tra loro e noi. Poi sono molto contento di dare una mano ai nostri sindaci, a cominciare dal mio amico Dario Nardella a Firenze: sono sicuro che avrà un risultato eccezionale".
Insomma lei vuol dirmi che aveva torto Andreotti a dire che il potere logora chi non ce l’ha?
"Mai mi permetterei di contraddire Andreotti, oltretutto nel centenario della nascita. Un giorno, quando ero presidente della Provincia di Firenze, venne a trovarmi. Guardò la poltrona del mio ufficio e mi chiese: ‘E questa di chi è?’. ‘È mia’, risposi. E lui: ‘Le do un consiglio: non la lasci mai’. Battute a parte, mi creda: io sto molto bene. Non sono certo di poter dire la stessa cosa per gli italiani, che invece secondo me stanno peggio di prima".
Insomma vuol farmi credere che non soffre la lontananza dal potere?
"‘Potere’ per me non è un sostantivo, è un verbo. È poter fare le cose. È poter servire il Paese. Ora è il tempo di altri, pensano loro al Paese".
Detto così, sembra che si affidi a chi sta governando adesso...
"Ovvio che no. Stanno distruggendo l’economia. Dico solo che adesso tocca a loro. Poi vedremo".
Ma come si spiega il passaggio dal trionfo alle Europee del 2014 alla situazione di oggi? In soli cinque anni...
"Dobbiamo abituarci a rovesci improvvisi, la politica di oggi è così. Al tempo della prima Repubblica, ad ogni elezione i partiti registravano scostamenti del 2-3 per cento. Oggi i capovolgimenti sono frequenti. Il 40,8 per cento del Pd del 2014 resterà nella storia, solo De Gasperi e poi Fanfani nel 1958 hanno fatto di meglio. E noi abbiamo ‘usato’ quei voti per far uscire l’Italia dalla recessione. Poi, il ricambio è fisiologico".
Anche Salvini arriverà al 40 per cento?
"Non credo proprio. Resterà molto lontano. Quanto a noi, i cicli si aprono e si chiudono. Vale per le squadre di calcio, vale per i grandi allenatori, vale anche per la politica. Ma penso che sia vicino il tempo in cui noi torneremo a vincere".
Ha detto due volte ‘noi’. Ma ‘noi’ chi? Che cosa intende per ‘noi’?
"Bella domanda".
Provi a rispondere.
"Allora. Il nostro Pd era un partito del 40 per cento. Lo è stato dalla vittoria alle Europee fino alla sconfitta al referendum. Che si vincesse o che si perdesse, si era comunque al 40 per cento. E credo che una parte – sottolineo: una parte – delle ragioni della sconfitta sia dovuta al fuoco amico della sinistra. Hanno fatto la guerra al Matteo sbagliato. E pur di riprendersi la ‘ditta’ e far fuori me, hanno consegnato il Paese alla destra più estrema e sovranista".
Non le è ancora andata giù, vero, questa storia del fuoco amico?
"È vero il contrario: sono un senatore del Pd e sto facendo campagna elettorale per il Pd. La nostra lealtà è fuori discussione. Ma è evidente che prima delle prossime politiche – non dopo le Europee: prima delle politiche – occorra riorganizzarsi. Bisogna guardare a un centro sinistra moderato, perché la nostra storia e tutto il mondo insegnano che le elezioni noi le vinciamo al centro, non a sinistra. Negli USA si vince con Biden, non con Sanders. Nel Regno Unito con Blair, non con Corbyn. E potrei fare molti altri esempi. Ma questo è un tema che ci porremo più avanti, quando sarà il momento".
Pensa insomma che un giorno si andrà oltre il Pd?
"Questa è una discussione che deve aprire Zingaretti. Da parte nostra il segretario ha avuto la massima collaborazione. L’unico fuoco amico contro Zingaretti è arrivato da sgangherate proposte dei suoi collaboratori più stretti, tipo aumentare gli stipendi dei parlamentari...".
Non le sembra che ci sia un fermento, insomma un movimento che spinge per un’alleanza Pd-M5S?
"C’è questa tentazione da parte di una corrente culturale nella società e di qualche aspirante ministro all’interno del Pd. Ma un’alleanza con i Cinque Stelle sarebbe una sciagura. Sarebbe la rivendicazione dell’incompetenza come sistema, come metodo, come valore. La Castelli che spiega l’economia a Padoan, Toninelli che spiega come si fanno i tunnel, Di Battista che parla di politica estera. E noi dovremmo allearci con questa gente?".
Lega e M5S quanto durano insieme?
"Mah. Mi lasci dire che trovo imbarazzante l’atteggiamento di Conte. È il principale responsabile dello sfascio politico istituzionale. Un governo dove si litiga sui decreti e si va avanti a colpi di selfie anche su dossier impegnativi come quello libico. E Conte che fa? Nulla. Sembra non abbia carattere. Per questo piace all’ establishment : meglio uno che non ha carattere piuttosto che quelli col caratteraccio".
Non le piace proprio Conte?
"No. E peraltro ha detto una cosa enorme rivendicando di non essere né garantista né giustizialista. Ma si rende conto dell’accostamento? Il garantismo è un principio costituzionale, il giustizialismo è una malattia che porta all’odio e alla costruzione dei colpevoli a prescindere. Mi domando come abbia fatto uno così a insegnare diritto, a vincere il concorso da professore. Anzi, non me lo domando, sappiamo bene come è andata".
Che cosa succede secondo lei subito dopo le Europee?
"Secondo me niente. In questo governo dei selfie faranno finta di fare la pace. Il dramma verrà a ottobre, quando dovranno fare la legge di bilancio".
Non durano cinque anni?
"Ma va’! Alla prossima legge di bilancio vanno a sbattere. Soprattutto vanno a sbattere gli italiani. Già adesso vogliono togliere gli 80 euro. Il prossimo passo sarà aumentare l’IVA".
Ma come hanno fatto Di Maio e Salvini a convincere gli italiani, se secondo lei sono così incapaci?
"Hanno usato i social in modo spregiudicato e al di fuori da ogni regola etica. Affermo che Salvini ha speso una parte dei suoi 49 milioni sottratti agli italiani per costruire la sua macchina del consenso: perché non mi querela? E a Di Maio chiedo: ha mai creato finti profili sui social? Come mai sono nati migliaia di profili finti in tre ore – ad esempio – per chiedere l’impeachment di Mattarella? Ci vorrebbe una commissione parlamentare di inchiesta a tutela della libera informazione".
Se loro hanno vinto, sarà però anche perché Renzi ha sbagliato qualcosa. Ad esempio quel mostrarsi antipatico.
"Sì, ho fatto degli errori, come può succedere quando si prova a rivoluzionare un Paese. È evidente che nel mio operato non tutto ha funzionato. Prendo quegli errori come una lezione. Un bravo allenatore deve dire: ‘Io non perdo mai. O vinco, o imparo qualcosa’. Ma ho cercato il bene dell’Italia. E continuerò a farlo anche adesso dall’opposizione".
© RIPRODUZIONE RISERVATA