Domenica 22 Dicembre 2024
Antonella Coppari
Politica

Regionali, finisce 2 a 1: il Pd si tiene l’Emilia-Romagna. E 5 anni dopo riprende l’Umbria

La premier Meloni dal Brasile si congratula con i vincitori: ora collaborino con il governo Forza Italia raddoppia i consensi. Schlein porta a casa il miglior risultato per i dem

Bologna, 19 novembre 2024 – Elly fa strike. Stravince in Emilia Romagna, come da copione, raggelando la controparte per la dimensione “schiacciante” del successo di de Pascale. In Umbria la partita è più combattuta, però alla fine la candidata del centrosinistra travolge la presidente leghista uscente, Tesei, che non ha potuto nemmeno contare sul traino del sindaco di Terni, Bandecchi. Non è una vittoria del campo largo, è una vittoria del Pd e in particolare della sua segretaria che ha riportato in piena salute un partito due anni fa agonizzante. Forse è diventato pure troppo florido: quasi il 43% nella ’cassaforte rossa’, più del 30% in Umbria.

Elly Schlein e Giorgia Meloni
Elly Schlein e Giorgia Meloni

“Un risultato straordinario: il partito democratico si conferma il perno dell’alternativa alle destre – esulta – abbiamo saputo vincere con unità e umiltà”. Se c’è un cucchiaino di amaro nella festa è che intorno alla torre del Nazareno ci sono casupole di legno a sinistra – dove M5s cala ancora – e baracche al centro. Rapporti di forza del genere non sono l’ideale per agevolare il parto già travagliato di una coalizione che si rifiuta di nascere. Schlein ha vinto la sfida del partito, ora l’attende quella di un polo in grado di governare. Giuseppe Conte dichiara: “Il centrodestra si può battere con un progetto credibile”. Ma nel giro della leader democratica sono convinti che darà filo da torcere.

Indiscussa pure la sconfitta della destra. Dal Brasile dove si trova per il G20, l’ammette subito la premier che maschera l’amarezza dietro lo schermo istituzionale: “Mi complimento con i neo-presidenti di Emilia-Romagna e Umbria, auspico una collaborazione costruttiva per affrontare le sfide future”. Le regionali d’autunno sono finite due a uno: sperava in meglio, sa che poteva andare peggio. Alla fine la Liguria l’ha portata a casa, ma un insuccesso resta tale anche se nel conto complessivo, da quando è al governo, è avanti 11 regioni a 3. FdI perde terreno rispetto alla tornata di giugno, però in casi come questi i crucci riguardano il futuro e sono due: l’anno prossimo c’è un nuovo round di regionali e la premier deve affrontarla con l’handicap che l’ha tirata a fondo stavolta.

La mancanza di una classe dirigente affidabile, limite che si fa sentire nelle regioni ancor più che al centro. L’impuntatura di Salvini su Tesei, che nel 2019 aveva strappato l’Umbria alla sinistra, non è piaciuta agli alleati che avvertono: “Se mettiamo in campo i candidati migliori possiamo vincere”. A tarpare le ali di Giorgia pure il sabotaggio involontario di quella parte della coalizione e del suo partito che non si è adeguata alla svolta di governo, un tempo si sarebbe detto in “doppiopetto”.

Forse potrebbe esserci anche di peggio. Nessuno choc per il tracollo della Lega rispetto ai risultati delle scorse regionali: una ventina di punti in meno. Politicamente, era un’altra era. A preoccupare, invece, sono le dimensioni della frana: in Emilia-Romagna, regione del Nord, il Carroccio scivola in area “lotta per la sopravvivenza” poco sopra al 5%, testa a testa con una Forza Italia che prende il 5,6%. In Umbria va meglio: quasi l’8%, vicino alle percentuali delle Europee. Però qui il sorpasso degli azzurri è netto e solido: più del 9%. Sorride il leader, Antonio Tajani: “FI ha raddoppiato i consensi in entrambe le regioni. Farà un’opposizione costruttiva”. Fa buon viso a cattiva sorte Salvini: “Gli elettori hanno sempre ragione. Già da domani sono a disposizione dei nuovi amministratori per portare avanti tutte le opere pubbliche che servono a cittadini e territori”.

Anche a destra c’è un partito egemone ma – a differenza degli avversari – non è questo il problema della maggioranza, quanto la situazione disperata in cui si trova Salvini. Salassato nei consensi, superato dagli azzurri, con l’Autonomia ridotta a un guscio vuoto e sul punto di vedersi sottrarre dalla premier, che sul tema non sente ragioni, anche la roccaforte del Veneto. Insomma un quadro che potenzialmente potrebbe rivelarsi quanto di più destabilizzante.

Elly e Giorgia, le prime donne della politica italiana, escono da questa tornata elettorale in condizioni non molto diverse. Personalmente sono vincenti, guidano partiti fortissimi, ma i guai per entrambe arrivano dalle rispettive coalizioni. Giorgia deve domarla, Elly deve costruirla.