Roma, 2 dicembre 2016 - QUATTRO milioni (circa) di votanti dall’estero (4.023.902, per essere esatti, tra cui 31.462 elettori ‘temporanei’) che potrebbero fare la differenza: «Se il Sì riesce a conquistare il consenso dei due terzi degli italiani all’estero – ha detto ieri Renzi in un’intervista al belga Le Soir – allora ce la possiamo fare». Il premier sembra quindi convinto che quei voti possano cambiare le sorti del referendum. Se, infatti, la maggior parte degli aventi diritto votasse Sì, e se le percentuali di votanti «in casa» rimanessero su quelle delle elezioni europee del 2014, allora i voti provenienti dall’estero a favore del Sì potrebbero pesare addirittura il 3% (complessivamente il voto dall’estero rappresenta circa l’8% del corpo elettorale). COMUNQUE, ormai quel che è fatto è fatto. Le operazioni di voto all’estero si sono concluse ieri alle 16. Le buste saranno ora inviate all’Ufficio centrale per la circoscrizione Estero della Corte di Appello di Roma. Nel referendum sulle trivelle dell’aprile 2016 votò il 19,82% degli italiani all’estero, alle politiche del 2013 il 32,11%. E va detto che il ‘peso’ politico degli italiani all’estero incide di più sui referendum che non per le elezioni politiche. In questo caso, come spera Renzi, «se noi ne prendessimo un milione, allora l’ago della bilancia si sposterebbe».
Ma c’è più di un problema; prima di tutto – e Renzi lo sa bene – lo stesso genere di ragionamento può essere fatto sul fronte opposto. Non a caso il Comitato per il No, da diverse settimane, punta il dito contro la procedura di voto estero e ha annunciato di essere già pronto (con il costituzionalista Alessandro Pace) a far ricorso in caso i voti risultassero determinanti per la vittoria del Sì. Fatto, questo, che sta avvelenando ancor più il clima, con Matteo Salvini che anche ieri ha soffiato sul fuoco: «Dall’estero arriveranno un sacco di sì; non ci vuole uno scienziato per capire che da consolati e ambasciate straniere stanno arrivando tanti Sì di gente che non esiste neanche sulla faccia della terra». Battuta che ha costretto la Farnesina a prendere le distanze, diffidando chiunque «dal divulgare notizie false che possano risultare offensive e diffamatorie verso il personale del Ministero e gli italiani all’estero».
Ma c’è anche altro. Alle ultime politiche (nel 2013) il numero di voti provenienti dall’estero è stato di un milione e centomila (pari al 32,11% degli aventi diritto nella circoscrizione esteri), quindi poco più di quello di cui «avrebbe bisogno» Renzi per vincere. All’ultimo referendum, quello sulle «trivelle» hanno votato 700mila aventi diritto residenti all’estero, ma è innegabile che quella consultazione fosse – soprattutto per chi vive all’estero – decisamente marginale rispetto alle modifiche alla Costituzione. C’è, infine, la questione che nei sondaggi non sono generalmente conteggiate le intenzioni di voto degli elettori residenti all’estero. Pertanto non esiste alcun sondaggio serio (né statistica valida) che dica che i due terzi degli elettori «stranieri» stanno con il Sì (o con il No) quindi quella di Renzi (e del Comitato per il No) è al massimo una speranza o un’illusione. Non sarebbe però la prima volta che i voti esteri risultano poi decisivi: alle elezioni 2006 Romano Prodi riuscì a sconfiggere Silvio Berlusconi grazie a quei voti che proprio a quelle elezioni partecipavano per la prima...