Giovedì 26 Settembre 2024
ANTONELLA COPPARI
Politica

Referendum, rebus ammissibilità: il test dell’Autonomia è il bivio per il governo

L’esecutivo punta ad arrivare a dicembre per rinnovare l’intera Consulta. Il costituzionalista Curreri: “Cittadinanza? Il quesito potrebbe essere ammesso”

Il ministro per gli affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli

Il ministro per gli affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli

Roma, 26 settembre 2024 – Hai voglia di giocare la carta delle opposizioni divise: per il governo la sfida referendaria rischia di trasformarsi in un incubo. È vero che se passassero i quattro quesiti sul jobs act promossi dalla Cgil il problema sarebbe limitato: il papà della legge che i promotori si propongono di abolire si chiama Matteo Renzi, e ambisce a militare sul fronte opposto. Ma il discorso è ben diverso per gli altri due referendum che hanno superato il quorum delle firme: se a uscire vincente dalle urne fosse il quesito che porta da 10 a 5 gli anni di residenza richiesta agli stranieri per ottenere la cittadinanza il colpo sarebbe forte. Ma se a essere abolita totalmente o parzialmente (la richiesta dei due quesiti) fosse l’Autonomia differenziata si tratterebbe di un ko secco. Da quel momento, l’esecutivo andrebbe molto vicino alla classica anatra zoppa.

Referendum sulla cittadinanza, Emma Bonino: le firme, un successo
Referendum sulla cittadinanza, Emma Bonino: le firme, un successo

Per i referendum sulle prime due materie il pericolo è limitato: difficile smuovere su tali temi 26 milioni e mezzo di elettori. Ma con l’Autonomia per Giorgia il discorso è più spinoso. Soprattutto al Sud, l’argomento è molto sentito, la campagna è iniziata con largo anticipo. È uno di quei referendum, come quello sul nucleare o sull’acqua pubblica, in cui l’obiettivo proibitivo del quorum (50% + 1 degli aventi diritto) può essere raggiunto. Va da sé, dunque, che il governo farà quanto in suo potere per parare il colpo in anticipo. Di quali armi può disporre? La principale sarebbe la non ammissibilità dei quesiti. La Corte costituzionale dovrà decidere sulla questione dopo la metà di gennaio. Il problema è che allo stato non c’è neppure la Corte al completo: a rallentare l’elezione del giudice costituzionale che manca da diversi mesi è la destra che intende procedere a pacchetto (tre alla maggioranza, uno all’opposizione) a dicembre, quando scadranno il presidente della Consulta, Augusto Barbera, e i due vice, Franco Modugno e Giulio Prosperetti. Uno di quei percorsi minati in cui qualche incidente e quindi qualche ritardo è possibile.

Nelle more, per quanto riguarda l’Autonomia, i giudici devono emanare un altro verdetto che basterebbe a vanificare la legge: quello sulla costituzionalità. Qui però Roberto Calderoli, il ministro che l’ha ideata, è tranquillo: merito di quella riforma del Titolo V voluta dal centrosinistra che rende difficile dichiarare incostituzionale una normativa che si presenta come applicazione di quella riforma. Sbrigata questa faccenda, si deciderà sui tre referendum. Formalmente, il governo non ha alcun potere di incidere sulle decisioni, ma è chiaro che la scelta dei giudici guarderà pure a questo aspetto. “Premesso che fare pronostici è impossibile – spiega il costituzionalista Salvatore Curreri –, i pro e i contro l’ammissibilità sono parimenti argomentati. Quindi, la decisione sarà politica”. Poche chance avrebbero i quesiti sul jobs act: “Molte norme sono già decadute, perché dichiarate illegittime dalla Consulta”, dice ancora il professore, per il quale “ha buone possibilità di essere ammesso quello sulla cittadinanza”.

Ma se fossero ammessi tutti e tre i referendum dal punto di vista dell’esborso converrebbe accorpare il voto in una tornata: ogni elezione costa 300milioni di euro. Politicamente, invece, al governo converrebbe scaglionarli in tre prove: gli elettori già restii a recarsi alle urne, sarebbero disincentivati. Non è escluso che tenti, ma in tempi di vacche magre difficile che ci riesca, con l’opposizione che spinge per il Referendum day: “È prassi consolidata”.

Dunque? Oltre a fissare la prova per l’ultimo giorno utile per legge (15 giugno), per parare il colpo Palazzo Chigi può fare una sola cosa: l’opposto di quello che fece Matteo Renzi ai tempi del disastroso referendum sulla sua riforma. Slegare, cioè, il governo dal referendum. Non è impossibile, essendo l’Autonomia voluta da una delle tre forze di governo e subita dalle altre. Ma certo in caso di sconfitta il colpo sarebbe duro, e soprattutto sono imprevedibili le reazioni della Lega, che vedrebbe ammainata la sua bandiera, e del leader Matteo Salvini con ciò che di destabilizzante ne potrebbe conseguire. Facile capire perché la preghiera diffusa nel centrodestra, da Meloni a Tajani ai governatori, sia che la Corte bocci almeno quel quesito.