Roma, 3 dicembre 2016 - NON SOLO il voto degli italiani all’estero potrebbe determinare il risultato del derby di domani: anche l’affluenza al Nord e al Sud, assieme alla scelta degli indecisi. E non si parla di quelli che non hanno ancora deciso se andare a votare oppure se è meglio occuparsi di altro, ma di chi sa già che domenica si recherà ai seggi, però ancora non ha scelto se barrare la casella del Sì o quella del No. Determinante, secondo le sensazioni degli esperti di partiti, movimenti e comitati vari, la lettura del quesito nella cabina elettorale: motivo degli scontri all’arma bianca delle due fazioni, renziane e anti-renziane, in questo periodo su una questione che, di per sé, potrebbe anche apparire secondaria. BASTA il buon senso per capire che l’incognita attorno a cui finiscono per ruotare le altre è proprio la partecipazione in Italia alla tornata elettorale. È vero che questo referendum costituzionale non ha un quorum – a differenza di quello sulle trivelle – ma, come osserva il politologo Salvatore Vassallo sulla base di certe stime fatte prima che scattasse il buio elettorale, «al Sud secondo il tam tam che taglia trasversalmente i due fronti, c’è una propensione maggiore al voto negativo, sulla base di una certa insofferenza verso l’azione del governo, mentre al Nord pensano che la riforma non sia affatto strampalata, ma vada nella direzione di normalizzare il Paese». Ciò significa che se questa congettura fosse giusta, una massiccia affluenza nel Meridione rispetto agli standard di quella che ai politici piace definire ‘maggioranza silenziosa’ – regolarmente bassi – sarebbe un fatto positivo per il No, e ovviamente viceversa se accadesse il contrario. Insomma: il peso degli italiani in terra straniera potrebbe, paradossalmente, essere anche annacquato. Ma la loro scelta diventa dirimente casomai qui in Italia le trombe del Sì e del No suonassero invano. Quanti abbiano votato nessuno lo sa: le schede sono stipate in un hangar, al ministero dell’Interno il compito di rendere il dato pubblico a partire dalla chiusura dei seggi nel nostro Paese, cioè dalle 23 di domani, assieme a tutti gli altri. Però non è lontano dal vero immaginare che in caso di testa a testa, potrebbe pesare come un macigno: si parte dall’idea – diffusa in entrambi gli schieramenti – che i nostri connazionali siano prevalentemente orientati sul Sì. Un dato che va mixato anche con una terza incognita: la percentuale di quelli che decideranno da che parte stare dopo aver letto il quesito. Quanti sono gli indecisi di questo tipo? Difficile dirlo, perché alieni, «persone che sono sfuggite a qualsiasi rilevazione statistica», come nota uno che se ne intende: Roberto Baldassarri (gruppo Piepoli). C’è chi dice cinque o sei milioni: vai a sapere. Allo stato serve la palla di vetro per vedere come andrà nella realtà. CIÒ CHE però si può osservare è che – a fianco di queste variabili principali – c’è il voto giovanile su cui bisogna riflettere. Che è e resta un’incognita. Perché c’è una maggioranza più attiva e più connessa sui social network, connessa cioè alle reti dell’attivismo politico che – leggendo i dati pubblicati in tempi non sospetti, prima cioè che scattasse il blackout – forse propende di più per il No: se è vero, lo scopriremo solo nelle analisi post-elettorali dei flussi. Quando sapremo anche se e quanto gli italiani mentono ai sondaggisti: quelli che qualcuno ha definito i ‘dispettosi’ dei sondaggi, come oramai sappiamo, possono colpire ovunque. In America, come in Gran Bretagna o in Italia.
PoliticaItaliani all’estero, affluenza e indecisi. Ecco le incognite che pesano sul voto