Martedì 21 Gennaio 2025
ANTONELLA COPPARI
Politica

Referendum 5 sì (e un no)

Unica bocciatura per l’Autonomia: il tema più atteso non verrà votato .

Unica bocciatura per l’Autonomia: il tema più atteso non verrà votato .

Unica bocciatura per l’Autonomia: il tema più atteso non verrà votato .

A guardare bene è un epilogo che fa contenti tutti. La Corte Costituzionale ha ammesso cinque referendum su sei. Ma quello bocciato è l’unico che impensieriva tutti – governo, maggioranza, Pd – e cioè il referendum sull’abrogazione dell’Autonomia differenziata. Non che i quesiti ammessi siano di secondaria importanza: si tratta di questioni tanto esplosive quanto il dimezzamento dei tempi di concessione della cittadinanza (da dieci a cinque) in un quesito e lo smantellamento del Jobs act – caro alla Cgil di Landini – negli altri quattro. Ma Palazzo Chigi dà per scontato che il quorum non sarà raggiunto. Lo pensano in molti, anche se Riccardo Magi (+Europa), promotore pure del referendum sulla cittadinanza, prova a tirargli la volata: "Meloni inviti al voto, non uccida la consultazione, faccia l’election day". Tra il 15 aprile e il 15 giugno quando, come prevede la legge, si voterà ben poche sono le amministrative da accorpare.

L’Autonomia, al contrario, era un guaio per diversi motivi. Toccando gli interessi materiali di mezzo Paese era il referendum che aveva più di tutti la possibilità di raggiungere il quorum trascinando gli altri. Poi perché la campagna elettorale avrebbe inferto un colpo duro alla popolarità della maggioranza nel Sud. Infine avrebbe esasperato le tensioni nel centrodestra sui modi e i tempi con cui recepire gli appunti della precedente decisione della Consulta che, a novembre, aveva chiesto modifiche sostanziali su sette punti cruciali, dai Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) alle aliquote dei tributi. Per conoscere le motivazioni delle sentenze arrivate dopo sette ore di Camera di consiglio da un collegio a ranghi ridotti (11 giudici sui 15 previsti dato lo stallo politico che da mesi blocca il completamento dell’organo) bisognerà attendere un po’: vanno depositate entro il 10 febbraio. Ma la Corte ha già spiegato in forma succinta i motivi della inammissibilità: oggetto e finalità del quesito sull’Autonomia erano poco chiare, e dunque fuorviava gli elettori.

Peraltro gli undici (che oggi eleggeranno il nuovo presidente che dovrebbe essere l’attuale facente funzione, Giovanni Amoroso) dettagliano i motivi della confusione: data la formulazione il referendum metteva in discussione l’Autonomia differenziata sancita dalla riforma voluta dal centrosinistra nel 2001, ma la Costituzione, spiegano, non può essere oggetto di consultazione abrogativa. La Consulta sottolinea infatti che quel tipo di intervento richiede la revisione costituzionale, cioè spetta solo al Parlamento tale compito. La legge di Calderoli non era costituzionale proprio perché applicava quell’Autonomia sancita all’inizio del secolo, rimasta lettera morta finora.

La Lega tripudia: "Per la seconda volta la Consulta chiarisce i dubbi. Ora si va avanti insieme", riassume gli umori il governatore del Veneto, Luca Zaia. La soddisfazione è vistosa: la sentenza rafforza nella maggioranza chi, come il Carroccio, vorrebbe applicare automaticamente le disposizioni della Corte e poi procedere, mentre indebolisce chi vorrebbe cogliere l’occasione per modificare l’Autonomia e comunque allungare i tempi fino alla prossima legislatura, e dunque Forza Italia, che con Antonio Tajani avverte: "Scriveremo una legge equilibrata, siamo garanti dell’Italia che cresce unita". Ma anche FdI. È palese pure la soddisfazione del Pd: "La sentenza è la naturale conseguenza di quella precedente, con cui la Corte aveva smantellato la legge", sottolinea Alessandro Alfieri.

I democratici gioiscono per due motivi: era forte il rischio di sconfitta al referendum. E poi in campagna elettorale sarebbe stato difficile non assumersi la responsabilità di aver varato con un atto di imperio quell’Autonomia di cui la legge Calderoli, è solo un’applicazione. Ma se per il Nazareno lo spettro della consultazione sull’Autonomia è cacciato, ne resta un altro appena meno imbarazzante. Anche il Jobs act è una legge voluta e votata da un governo a guida Pd.