Roma, 12 marzo 2018 - Il reddito di cittadinanza è stata una delle mosse vincenti del Movimento 5 Stelle. Da qui, Pasquale Tridico, ministro del Lavoro in pectore del Movimento 5 Stelle, ha deciso di dare qualche indicazione in più sul tema. Anche perché, dopo le critiche da più parti sulla presunta insostenibilità della misura, il M5S sta tentando di spiegare come intende procedere in caso riuscisse a guidare il Paese.
Ebbene, secondo Tridico, col reddito di cittadinanza, almeno un milione di persone (oggi inattivi, cioè che non cercano neanche un lavoro) "verrebbero spinti a cercare un'occupazione attraverso l'iscrizione (obbligatoria) ai centri per l'impiego e ad aumentare il tasso di partecipazione della forza lavoro". Da qui, spiega il professore, "potremo rivedere al rialzo l'output gap, cioè la distanza tra il Pil potenziale dell'Italia e quello effettivo, perché 1 milione di potenziali lavoratori saranno di nuovo conteggiati nelle statistiche Istat. Se aumenta il Pil potenziale possiamo mantenere lo stesso rapporto deficit/Pil potenziale, cioè il cosiddetto 'deficit strutturale', spendendo circa 19 miliardi di euro in più di oggi. Il reddito di cittadinanza costa 17 miliardi complessivi, compresi i 2,1 miliardi per rafforzare i centri per l'impiego, e potrebbe quindi finanziarsi interamente grazie ai suoi effetti sul tasso di partecipazione della forza lavoro".
Reddito di cittadinanza, requisiti (e costo). Come funziona la proposta M5s
Secondo l'Istat, il costo del reddito di cittadinanza sarebbe di 14,8 miliardi di euro, una cifra assolutamente in linea con quella dichiarata da Tridico. Ma - anche seguendo il ragionamento di Tridico e prendendolo per buono - c'è chi considera la stima Istat sottostimata. Il presidente dell'Inps, Tito Boeri, ad esempio, in un'audizione in commissione Lavoro al Senato stimò il costo del reddito di cittadinanza in 30 miliardi, mentre sulla voce.info, in un artcolo dei primi di gennaio, si calcola una cifra pari a 28,7 miliardi. In pratica, quindi, il doppio rispetto alla cifre dichiarate dai 5 Stelle che apre dubbi sulla sostenibilità della misura.
A questo si aggiunge l'idea di Tridico di ridurre l'orario di lavoro a parità di salario. Obiettivo, questo, liquidato da più parti politiche, come irrealizzabile. In realtà, il modello a cui punta il M5S, è quello della Germania. Recentemente il maggior sindacato dei metalmeccanici tedeschi, l'Ig Metall, è riuscito a strappare il famoso accordo delle 28 ore che permette di conciliare tempi di vita e lavoro. Ma anche in Germania per chi sceglie le 28 ore c'è una riduzione di salario (sebbene con un'integrazione) e la misura può durare da 6 a 24 mesi. A questo si aggiunge il divario tra Italia-Germania. Secondo i dati Ocse, ad esempio, un dipendente italiano lavora 1.730 ore all’anno. In Germania, invece, 1.363 ore. In pratica gli italiani lavorano 488 ore in più all’anno rispetto ai tedeschi e quasi 41 in più ogni mese. Morale: pare difficile riuscire ad allinearci al modello tedesco. In un recente articolo, pubblicato su Qn, il leader dei metalmeccanici Cisl, Marco Bentivogli, e la numero uno della Fiom, Francesca Re David, hanno spiegato come sia difficile 'esportare' in Italia quel modello. Ci sono le difficoltà legate alla tecnologia, la centralità della contrattazione collettiva sui salari e tante resistenze da parte delle imprese che, ancora oggi, pur facendo "convegni sull’industria 4.0, poi calcolano la produttività in base ai pezzi fatti all’ora», ha spiegato Bentivogli.