Roma, 31 gennaio 2025 – La Presidenza della Repubblica è sempre di più il perno centrale del sistema politico italiano e il decennio passato al Quirinale da Sergio Mattarella ne è una chiara testimonianza. Dieci anni nel tempo della politica sono molti, basti pensare alle innumerevoli fasi di questo decennio travagliato. L’attuale capo dello Stato è stato eletto la prima volta – dieci anni fa oggi – quando Matteo Renzi era all’apice del potere politico, Mattarella ha gestito la sua prima crisi proprio a seguito del fallimento del referendum sulla riforma costituzionale proposta da Renzi, ha affidato un esecutivo di transizione durato poco più di un anno a Paolo Gentiloni e poi sono arrivate le elezioni politiche del 2018.
Queste hanno sancito l’ascesa definitiva del populismo e del nazionalismo a danno dei partiti moderati di sinistra e destra, Mattarella si è trovato a tenere a battesimo il primo esecutivo nazional-populista d’Europa tra Lega e Movimento 5 Stelle. Alla regia del Quirinale si deve la scelta di Giuseppe Conte come compromesso accettabile tra i due partiti, a Mattarella il ruolo di garante, anche nella scelta dei ministri, di fronte all’Unione europea, ai mercati finanziari, all’alleanza atlantica. Seppur quell’esperimento giallo-verde sia fallito in tempi abbastanza rapidi, al presidente della Repubblica va riconosciuta la capacità di aver agito da grande moderatore del nazional-populismo sul piano delle politiche economiche e dei rapporti internazionali. Un’opera di sapiente istituzionalizzazione che è proseguita anche con il secondo governo Conte, un esecutivo con l’inusuale caratteristica, almeno per la Seconda Repubblica, di aver mantenuto lo stesso premier con una maggioranza differente.
È seguita poi la pandemia, in cui il Presidente della Repubblica si è posto come riferimento di fronte all’emergenza, ha spinto per soluzioni europee al fine di fronteggiarne le conseguenze socio-economiche e ha dovuto gestire la crisi del governo Conte 2. Si è aperta poi la possibilità, grazie alla convergenza ampia tra forze politiche in una situazione eccezionale, di nominare alla presidenza del Consiglio Mario Draghi, l’altra grande personalità istituzionale del decennio proprio insieme a quella di Mattarella. Sotto la gestione del Capo dello Stato nasceva un esecutivo peculiare, metà tecnocratico e metà politico, che teneva dentro i partiti tradizionali e quelli nazional-populisti.
L’eterogeneità della maggioranza e l’assenza di alternative altrettanto forti e condivise hanno aperto infine la strada alla rielezione di Mattarella nel 2022. Seguiva la rottura della maggioranza Draghi sul pericoloso crinale della politica estera e il ritorno alle urne. Elezioni che, per la prima volta dal 2008, hanno registrato un risultato netto, con la coalizione di centrodestra vincente che ha dato vita al governo più a destra della storia repubblicana. Ma anche in questo caso la moral suasion del Capo dello Stato ha contribuito alla trasformazione della coalizione di destra: spettri del fascismo, euroscetticismo, filo-putinismo sono stati velocemente abbandonati. Stabilità politica ed economica hanno prevalso, così come il sostegno all’Ucraina, grazie all’allineamento tra Meloni e Mattarella.
Ecco dunque il punto centrale di questo decennio: il Presidente, nel paese dove la rivolta nazional-populista è arrivata prima di tutti, è riuscito a conciliare il rispetto della volontà popolare con i vincoli europei, atlantici e finanziari che impegnano il paese al fine di tenerlo nei giusti binari dell’ordine internazionale. L’Italia ha camminato più volte su una china pericolosa e più volte il Capo dello Stato è riuscito a evitare gli esiti più radicali. Tutto ciò, non va dimenticato, rappresentando l’istituzione con il più alto gradimento del Paese.