5 agosto 2015 - SUI NOMI, nulla dire. I sette eletti nel nuovo cda della Rai sono figure di tutto rispetto. E sono anche convinto che saranno di prestigio gli ultimi due che, secondo la vigente legge Gasparri, saranno nominati dal Tesoro, presidente compreso. Aggiungo anche che di certo il governo avrà cura di designare un direttore generale del mestiere, capace di ridare smalto all’azienda. Ma urge una domanda. Dove sta la riforma? Non può essere definita tale quella per la quale i neoeletti sono attribuiti pro quota ai partiti. Lo stesso Freccero, che pure nega e che, per carità, ha fior di curriculum, è il contentino per il M5S. Gli altri sono il risultato evidente del “piccolo Nazareno”, con un esito a sorpresa che indispettirà vieppiù la minoranza del Pd: Ferruccio De Bortoli resta al palo, nonostante che in Vigilanza Bersani controlli tre voti. Avevano proposto un bel nome; uno di quelli sui quali non si può dire di no. Peccato solo che abbia passato gli ultimi mesi della sua direzione al “Corriere” a fare la guerra corsara a Renzi. E peccato che, impegnata su tanto nome, alla sinistra del Pd sia sfuggito che dietro l’anticipazione con la Gasparri della formazione del cda si nascondeva il “piccolo Nazareno”.
POLEMICHE inutili, dice Renzi. Vero. Ma siamo alle solite, la lottizzazione continua, anche se con “brava gente”.Poi, con la nuova legge, il dg che sostituisce l’amministratore delegato e avrà grandi poteri e larga autonomia finanziaria, sarà la longa manus del governo. Lo scenario è quindi quello di una Rai riformata si, ma in chiave governativa, con uno spoil system all’americana che riguarderà il vero uomo forte dell’azienda, il direttore. Cambiando i governi cambieranno i direttori. Niente di cui scandalizzarsi, se non fosse che la Rai dovrebbe dare garanzie di obiettività e indipendenza, oltre che rimettere i conti in ordine.
MA LO potrà fare un direttore governativo? Potrà un cda lottizzato togliere la lottizzazione dentro l’azienda? La via della vera riforma era un’altra. Finché gli “stakeholder” della Rai saranno governo e partiti la musica non cambierà. Ci voleva un colpo d’ala; fare della Rai un’azienda di preminente interesse nazionale, magari con una golden share nelle mani del Tesoro, ma privatizzata, rispondente a un azionariato diffuso, non ai partiti. Altrimenti i giochi restano i soliti.