Vergiate (Varese), 7 aprile 2024 – Un po’ carbonari, un po’ visionari, riuniti nello studio del notaio Franca Bellorini, a Varese. Sono Umberto Bossi (editore), Manuela Marrone (maestra elementare, che diventerà la sua compagna), Giuseppe Leoni (architetto e scultore), Marino Moroni (rappresentante di commercio), Pierangelo Brivio (commerciante, cognato di Bossi), Emilio Benito Rodolfo Sogliaghi (odontotecnico). Firmano l’atto costitutivo della Lega Autonomista Lombarda.
È il 12 aprile 1984. La fondazione. Due anni dopo si trasformerà in Lega Lombarda. Giuseppe Leoni, 77 anni fra pochi giorni, tre legislature da deputato (il primo del partito) e altrettante da senatore, primo consigliere leghista al Comune di Varese, presidente della Lega Lombarda dal 1995 al 1999. È uno dei padri fondatori superstiti.
Leoni, come è approdato alla politica?
"Sarebbe meglio dire come sono arrivato all’Umberto. Lo conosceva Cesare Mattaini, grande appassionato di dialetto, come me e come l’Umberto. Agli inizi degli anni Ottanta ci siamo incontrati in casa del Mattaini, noi tre e Dino Daverio. Al tempo l’Umberto aveva un obiettivo: un vocabolario del dialetto varesotto".
Per il momento ancora niente politica.
"Ha fatto tutto l’Umberto. Con lui era come essere in un bosco senza un sentiero. Un giorno parlava di autonomia, un altro di indipendenza, un altro ancora di secessione. Il Daverio lavorava in Svizzera e portava i concetti del federalismo. Io ho approfondito il tema e sono diventato federalista in disaccordo con l’Umberto che predicava l’autonomia. Questo fino a quando non ha avuto l’idea di un’associazione che si chiamasse Lega Autonomista Lombarda. Così ci siamo ritrovati da Bellorini, che era anche il mio notaio".
Vero o falso: Sogliaghi è stato tirato dentro per raggiungere il numero necessario di persone per fondare l’associazione?
"Vero. E anche perché era di Milano e l’Umberto diceva che la presenza di un milanese avrebbe dato più credibilità".
Vero o falso: è stato lei, Leoni, a pagare le spese dell’atto notarile?
"Vero. Testimone il notaio. E la fattura".
Che cosa ricorda di quel giorno?
"Era un giovedì ed era una bella giornata. Dopo avremmo voluto festeggiare, ma all’epoca tenevo in Regione dei corsi sul risparmio energetico e non potevo trattenermi. “Festeggiamo la settimana prossima“, ci siamo detti. Però era la Settimana santa, Pasqua cadeva il 22 aprile, e non era il caso. E poi l’Umberto non era troppo da feste".
Un anno dopo ecco la grande occasione con le elezioni amministrative a Varese.
"Era giugno 1985. In città e in provincia comandavano la Dc e il Psi che si spartivano i comuni e la provincia. Le loro difficoltà hanno ritardato la prima riunione del consiglio comunale di Varese. Su 40 consiglieri 36 non erano nati in provincia di Varese. D’accordo con l’Umberto, ho fatto un discorso tutto in dialetto. La stampa l’aveva annunciato. La gente si era incuriosita e aveva riempito Palazzo Estense. Qualcuno mi ha dato del razzista. C’erano dei miei amici. Si è arrivati alle mani. La seduta, iniziata alle tre del pomeriggio, è terminata a mezzanotte. Un successo. Tante persone che neppure conoscevo mi fermavano in strada per congratularsi. E pensare che avevamo fatto fatica per mettere insieme le 150 firme necessarie per presentare la lista. Avevamo dovuto ricorrere a parenti e amici che non avevano firmato troppo volentieri".
Un lunga carriera politica e una lunga militanza nel segno della fedeltà a Bossi.
"Non ho mai svolto incarichi di governo. Non mi sono ricandidato nel 2001 quando Bossi ha fatto l’accordo, oltre che con Berlusconi, con Fini: io sono federalista e di conseguenza antifascista. Sono tornato in Senato nel 2005 dopo la malattia dell’Umberto. Avevo capito perfettamente che c’erano dei leghisti pronti a vendere il partito".
E poi è venuto Salvini.
"Quando è arrivato non c’ero più. Non gli parlo da vent’anni e non mi manca di sicuro. Salvini ha imparato da Berlusconi l’arte di fare promesse. All’inizio la gente ci crede. Poi si accorge che non vengono mantenute e presenta il conto".
Che cosa rimprovera a Salvini e alla sua Lega?
"Tutto. Salvini ha scambiato il progetto del federalismo con un progetto fascista. Gli ideali della Lega erano quelli della fondazione. Sono stati traditi tutti, a cominciare dall’autonomia e dal federalismo".
E adesso?
"La politica lascia sempre una finestra aperta. Se Salvini fosse intelligente, dovrebbe fare un passo indietro, sedersi a un tavolo e concorrere a formare un triumvirato: un rappresentante della vecchia Lega, un giovane e uno dei suoi o lui stesso. Si salverebbe un po’ il partito".
Che cosa ha rappresentato e cosa rappresenta Umberto Bossi per Giuseppe Leoni?
"Tutto. Prima di conoscerlo votavo Partito repubblicano perché mi piaceva il rigore di La Malfa. Ero digiuno di politica e lui è stato il mio Virgilio. Bossi ha scritto la Divina Commedia della Lega".