Domenica 5 Gennaio 2025
ELENA G. POLIDORI
Politica

Prossima sfida: Regionali 2025. Sei governatori e mille intrighi. Con la tentazione di far slittare tutto

Sul tavolo l’ipotesi di portare tutte le Amministrative al 2026 per avere più tempo per i candidati. Il nodo terzo mandato: bloccare De Luca stopperebbe anche Zaia (che Salvini si ritroverebbe contro).

Il leader della Lega Matteo Salvini è nato a Milano 51 anni fa

Il leader della Lega Matteo Salvini è nato a Milano 51 anni fa

Roma, 3 gennaio 2025 – Un anno senza elezioni. Un anno senza campagna elettorale permanente che – invece – si materializzerebbe se il governo restasse sordo alle richieste che arrivano da diversi governatori regionali, a partire dal Veneto di Luca Zaia. In totale sono sei le Regioni interessate dalle elezioni regionali 2025, ovvero Campania, Veneto, Toscana, Puglia, Marche e Valle d’Aosta. Si tratta dunque di un appuntamento con una forte valenza nazionale che tuttavia porta con sé anche la soluzione del nodo del terzo mandato in particolare per due governatori, ovvero per Vincenzo De Luca (Pd, Campania) e Luca Zaia (Lega, Veneto).

Su quest’ultimo, Matteo Salvini si era espresso a favore di uno slittamento delle urne per consentire al “Doge“ di inaugurare le Olimpiadi Milano-Cortina. Ma, vista la situazione interna al Carroccio, le ragioni sono anche più profonde: un terzo mandato di Zaia, con il placet di Giorgia Meloni (che invece non sembra essere dell’avviso) porterebbe il governatore veneto lontano dalla contesa per la segreteria del Carroccio, ora che qualcosa comincia a scricchiolare per Salvini, anche (e soprattutto) in vista del prossimo congresso nazionale. Massimiliano Romeo, capogruppo al Senato, è diventato il segretario della Lega lombarda, e ha marcato in più casi posizioni differenti da quelle del Capitano. Anche spingendosi a criticare il governo più di quanto ci si aspetterebbe, ad esempio sulla Legge di Bilancio. E, anche Massimiliano Fedriga, governatore del Friuli Venezia Giulia, giusto ieri ha tracciato di netto i suoi distinguo, tra l’altro proprio sul tema più caro al leader: "Salvini al ministero dell’Interno ha ottenuto risultati importanti, i numeri sono lì a testimoniarlo e ha mantenuto gli impegni presi con gli elettori. Ma credo che Piantedosi stia facendo un ottimo lavoro e che, al momento, il Viminale sia in buone mani".

Uno stop al leader che poco prima aveva ribadito la sua ambizione di tornare all’Interno. Fedriga è andato oltre, sostenendo di condividere la legge regionale di De Luca che vorrebbe dare il via al (suo) terzo mandato, ma il governo è di parere opposto. "È un principio uniforme e inderogabile su tutto il territorio nazionale", si sostiene a Palazzo Chigi. Se viene meno in una Regione, si "sacrifica un’istanza unitaria". E soprattutto si corre il rischio di un Paese a "geometria variabile".

Lo stop al terzo mandato è un principio stabilito dalla legge nazionale. Perché esiste? Se è vero che non c’è ancora una pronuncia diretta della Corte Costituzionale su un caso specifico, cioè su una elezione regionale, esiste una sentenza recente della Consulta e altre del Consiglio di Stato e della Corte di Cassazione che approfondiscono la questione per gli amministratori pubblici. "Il divieto – si legge nel parere del governo che riprende questa posizione – è funzionale all’esigenza di prevenire il rischio di concentrazione e di personalizzazione del potere, come sottolineato dalla giurisprudenza costituzionale, amministrativa e di legittimità".

Ora la diatriba tra governo e Regione Campania è su un punto: se il no al terzo mandato si applica subito, dal momento in cui nel 2004 è stata approvata la legge dello Stato, o se le Regioni debbano recepirlo nei loro ordinamenti. Per il governo "se si ammette che le Regioni siano libere di differire l’operare del divieto della non rieleggibilità dopo il secondo mandato consecutivo, e se addirittura si concede che il principio debba essere formalmente recepito dalla legislazione regionale, senza peraltro porre alcun termine al recepimento, ne deriva che le Regioni resterebbero del tutto libere di ridimensionarne la portata precettiva e, addirittura, di rinviarne l’attuazione sine die". La valutazione sulla legge De Luca è una decisione che l’esecutivo Meloni dovrà prendere entro il 10 gennaio, data in cui scadono i 60 giorni di tempo per fare ricorso alla Consulta, ma è chiaro che il percorso verso il "no" è tracciato e questo potrebbe infastidire da un lato Salvini in chiave Zaia, ma nel contempo rendere semplice a Elly Schlein la sostituzione del governatore campano in quota Pd a lei senza dubbio poco affine.

A rendere il quadro ancor più complesso per la maggioranza la questione referendaria che resterebbe sul tavolo anche se il governo decidesse di "buttare la palla in tribuna" sulle regionali; tra la primavera e l’estate del 2025 si potrebbe votare per Autonomia differenziata, Jobs Act e Cittadinanza, temi che potrebbero determinale una svolta culturale e sociale ben più pesante della sorte di Zaia o De Luca.