Giovedì 26 Dicembre 2024
REDAZIONE POLITICA

Prodi e il futuro della Ue: “Parigi e Berlino alla guida, ma manca un colpo d’ala”

L’ex premier dialoga con Giannini nel libro di cui pubblichiamo un’anteprima. “L’allargamento a Est è stato il più grande successo oltre alla moneta unica”

Romano Prodi è stato due volte premier

Romano Prodi è stato due volte premier

Roma, 26 novembre 2024 – Esce oggi Il dovere della speranza – Le guerre, il disordine mondiale, la crisi dell’Europa e i dilemmi dell’Italia, il nuovo libro-dialogo di Romano Prodi con Massimo Giannini (Rizzoli, 312 pagine 19 euro). Su concessione dell’editore, pubblichiamo in anteprima un estratto dalla quinta parte, Viaggio nella Finis Europae, in cui l’ex premier ed ex presidente della Commissione Ue riflette sul passato, il presente e il futuro dell’Europa unita.

Romano Prodi: “Noi europei litighiamo, ci dividiamo, ci scontriamo a colpi di veti incrociati. Va così da sempre, e continua ad andare così perché (...) l’Europa è “un pane mezzo cotto e mezzo crudo“, senza una linea politica condivisa. L’unica eccezione è stata la reazione al Covid”.

Massimo Giannini: Allude al Next Generation EU, primo vero esperimento di mutualizzazione del debito europeo?

Romano Prodi: “Sì, è stato un segnale di un progresso importante. Anche se in Italia, l’aiuto europeo del Pnrr è stato disperso in mille rivoli, spacchettato e snaturato in misure settoriali dissennate, come il 110 per cento e i bonus a pioggia. (...) Ma a parte i soliti eccessi del Belpaese, dove siamo soliti trasformare qualunque cosa in emergenza, a livello europeo un parziale salto di qualità nell’approccio ai problemi c’è stato. E il motivo è evidente”.

Massimo Giannini: E sarebbe?

Romano Prodi: “La pandemia ha scavalcato gli Stati e ha devastato il corpo e la mente delle persone in carne e ossa. Ogni singolo individuo si è sentito in pericolo, a prescindere da dove vivesse, da quanto guadagnasse, da cosa votasse. Il Covid è stato davvero ‘democratico’, e quindi ci ha obbligato a una risposta corale. Purtroppo l’unica, fino a ora”.

Massimo Giannini: Covid a parte, lo storytelling populista e sovranista vuole che l’Europa continui a decidere sul serio solo sulle misure delle vongole, sui tappi di plastica delle bottiglie…

Romano Prodi: “Lasciamo stare la vulgata spiccia. Il problema è più serio e più profondo e chiama in causa non solo l’Europa in quanto tale, ma le classi dirigenti di ogni singolo Paese. Nessun governo prende più decisioni di lungo periodo. (...) Su queste basi anche le istituzioni europee girano a vuoto e appaiono sempre più distanti e frustranti agli occhi delle opinioni pubbliche. Per questo è sempre più urgente una scossa, un sussulto, un colpo d’ala. Il problema è che l’Europa fa solo le cose sulle quali tutti sono d’accordo”. (...)

Massimo Giannini: (...) Durante il suo mandato al vertice della Commissione, un altro fronte caldo fu quello dell’allargamento dell’Unione a Est. Lei ne fu prima un sostenitore, e poi l’esecutore. (...)

Romano Prodi: (...) "C’era un autentico senso condiviso che si stava completando la costruzione dell’Europa dando ai nuovi Paesi membri non solo le garanzie per un maggiore sviluppo, ma la sicurezza che la democrazia sarebbe diventata finalmente un patrimonio comune”.

Massimo Giannini: D’accordo, ma non abbiamo avuto troppa fretta? (...) Oggi gli Stati membri che sembrano frenare di più il processo federale sono proprio quelli del Gruppo di Visegrád. (...)

Romano Prodi: “Questa critica la respingo senza se e senza ma. L’allargamento è stato forse il successo più grande dell’Unione, insieme alla moneta unica. (...) Con quel passaggio (...) scrivemmo definitivamente la parola “fine“ su uno dei capitoli più tragici della Storia del Novecento. (...) Fu un’adesione spontanea di tutti quei Paesi, che avevano un desiderio genuino, autentico di voltare pagina e di riconoscersi nella nostra comunità di destino. (...) Ci rendiamo conto di che rivoluzione è stata quella?”.

Massimo Giannini: (...) Resta un dato di fatto: (...) l’onda nera di questi ultimi anni è partita soprattutto dagli ex satelliti dell’Unione Sovietica (...). Alla vigilia delle elezioni europee dell’8-9 giugno scorso, si temeva che questa onda avrebbe rotto gli argini, sommergendo l’Unione e cambiandone ancora una volta il corso. (...) Lei come la vede?

Romano Prodi: “Prima del voto io non ero affatto convinto che le destre avrebbero sfondato. (...) Prevedevo che il voto europeo non ci avrebbe portato granché di nuovo. E così è stato. Naturalmente questo risultato non vuol dire che ci sia da stare allegri. Al contrario. Ma siamo fermi al solito punto: (...) o l’Europa è in grado di fare grandi riforme e di prendere decisioni politiche forti, oppure è tutto inutile e l’anti-Europa prima o poi trionferà. Ma attenzione, l’anti-Europa non significa che l’Unione si scioglie perché, nonostante i populismi, oggi nessuno vuole uscire dall’Europa esistente. Al contrario tanti vogliono entrare”.

Massimo Giannini: (...) Lei è ancora convinto che l’Europa giri solo se gira il motore franco-tedesco?

Romano Prodi: "Ovviamente sì. Francesi e tedeschi hanno un sacco di problemi, non bastano più a se stessi e non bastano più neanche se si ricompattano. Ma al posto di guida ci sono loro, il volante è sempre nelle loro mani. Sento in giro qualche matto che dice: la nuova macchina dell’Europa la devono muovere gli italiani, gli spagnoli, i portoghesi, i polacchi. Mi fanno morire dalle risate”.