Roma, 29 giugno 2019 - Che finisca con un rinvio del verdetto all’autunno o con la chiusura del dossier Italia in senso positivo attraverso la blindatura della manovra per il 2020, una cosa appare certa: il nostro Paese non subirà l’onta della procedura d’infrazione per debito eccessivo. Da Osaka, il premier Giuseppe Conte e il ministro Giovanni Tria fanno sapere che ci siamo quasi e il quasi è più per rispetto degli ulteriori passaggi formali, come quello del Consiglio straordinario di domani a Bruxelles e dei passaggi successivi, che per la sostanza dell’intesa. Sul piatto c’è la conferma di un pacchetto di risparmi di circa 8 miliardi per quest’anno e dell’impegno a tenere il deficit sotto controllo anche per l’anno prossimo: il che, tradotto, vuol dire, però, che la flat tax dovrà avere coperture reali per essere varata.
L’esito favorevole per l’Italia sarebbe legato anche al nostro via libera al nuovo, possibile ma non scontato, assetto di vertice delle istituzioni Ue, che secondo il Financial Times vedrebbe il socialista olandese Frans Timmermans alla guida della Commissione europea, il popolare tedesco Manfred Weber come presidente dell’Europarlamento e il francese François Villeroy de Galhau alla Bce. Mentre sul nome di Mario Draghi, circolato nei giorni scorsi per la guida della Commissione, è arrivato l’endorsement di Salvini: «Sarebbe un motivo di orgoglio avere un italiano alla presidenza della Commissione». Ma il diretto interessato si sarebbe detto «non disponibile».
Comunque, il governo italiano è vicino all’obiettivo di evitare il baratro della condanna europea. Due ipotesi in gioco: una sospensiva, in vista della manovra di ottobre, oppure la chiusura del dossier con una serie di garanzie sulla previsione di spesa sul 2020. Una sorta di blindatura sulle uscite future. Una soluzione gradita a Bruxelles, ma non si sa quanto a Matteo Salvini, perché di fatto porrebbe un’ipoteca sul suo provvedimento più atteso, la flat tax. E, non a caso, il leader leghista non avrebbe visto di buon occhio l’affondo verso la conclusione della partita di Tria e Conte (con la supervisione di fatto del Quirinale e l’aiuto di Draghi). Tant’è che è di ieri l’ennesimo duello, proprio sui conti pubblici, tra il premier olandese Mark Rutte («L’Italia non fa niente per stabilizzare le sue finanze») e il leader leghista: «È l’ultimo che può parlare», ha detto.
Certo è, però, che le ore per l’accordo passano. «La partita va chiusa entro lunedì», spiegano fonti vicine al dossier. I prossimi passaggi, dopo il G20, sono il Consiglio europeo di domani e poi lunedì, quando si riunirà la Commissione per prendere una decisione che dovrà essere ratificata dall’Ecofin dell’8 e 9 luglio.
Insomma, la parola d’ordine è chiudere. E Conte mette le mani avanti: «Non giochiamo con le parole che cosa significa rinviare a ottobre la procedura di infrazione? Se si evita è un risultato che il governo porta a casa, cerchiamo di non essere sempre anti-italiani». Se parlare di «rinvio significa che la manovra sarà sottoposta alla valutazione della Commissione, questo è nelle cose. Se si porta a casa un risultato, lo si fa e basta».