Giovedì 21 Novembre 2024
ANTONELLA COPPARI
Politica

Duello sul premierato, pioggia di emendamenti. Meloni difende la riforma, il Pd chiama la piazza

Prevista una manifestazione il 2 giugno in difesa della Costituzione. La maggioranza attacca: al nostro dialogo oppongono un muro

Roma, 8 maggio 2024 – Il fossato scavato da Elly Schlein l’ha messa dinanzi a una cruda realtà: l’opposizione punta tutte le sue fiches sul referendum, nella convinzione di vincerlo. E siccome l’esito è nel novero delle cose possibili, Giorgia Meloni nel giorno dell’esordio nell’Aula del Senato del premierato cambia il modello di propaganda: non più la polemica strillata, ma il confronto sui temi concreti: "Siamo entrati in punta di piedi, non a gamba tesa. Non abbiamo stravolto la Costituzione, cambiamo appena 7 articoli. Perché vogliamo il dialogo purché non sia dilatorio". L’obiettivo è palese: rovesciare sull’opposizione la responsabilità del mancato confronto.

Davanti a una platea eterogenea che va dagli imprenditori agli accademici per arrivare agli sportivi (due nomi: Filippo Magnini e Elisa di Francisca) e agli artisti (spiccano Pupo e Claudia Gerini), nel convegno sulle riforme organizzato alla Camera dalle fondazioni De Gasperi e Craxi la premier cinguetta infatti con Luciano Violante che, pur critico sul testo, si dichiara favorevole alla "democrazia decidente". La premier brandisce la scimitarra solo in un passaggio quando si rivolge, senza nominarla, alla segretaria del Pd.

Poche ore prima, Elly Schlein aveva riunito i suoi senatori e aveva adoperato toni fiammeggianti. "Vi chiedo di usare i vostri corpi e le vostre voci per fare muro sulla riforma". Le voci sono quelle dei parlamentari impegnati nell’ostruzionismo che il governo eviterà di ghigliottinare stringendo i tempi, in nome del dialogo malgrado la pioggia di emendamenti. I corpi entreranno in scena il 2 giugno: "Faremo una manifestazione a Roma per la Costituzione". Meloni sfrutta l’appiglio: "Io voglio dialogare, ma quando la risposta è ’fermeremo la riforma con i corpi’ è dura". A stretto giro la replica: "Che pena le mistificazioni della premier. Gli argomenti li abbiamo portati all’unico incontro con il governo, che non li ha considerati".

Per difendere la riforma, Meloni martella sull’economia. "Se fino al Covid siamo cresciuti del 4% invece del 20% come Francia e Germania è per l’assenza di stabilità". Sviluppo, investimenti, strategie a lungo termine tutto dipende dal premierato che per questo è la "madre di tutte le riforme". Insiste nel duetto con Violante soffermandosi sulle critiche rivolte al progetto: "Abbiamo scelto di non toccare i poteri del Capo dello Stato. Certo non nomina più il premier e non scioglie le Camere, ma anche oggi sono cose che non fa se ci sono maggioranze stabili". Scandisce: "Se lo fa esercita un ruolo di supplenza che ne diminuisce l’ autorevolezza. Noi lo eviteremo". Forse per restituirgli autorevolezza la riforma sottrarrà al Colle il potere essenziale: sciogliere il Parlamento. Lo chiarisce l’emendamento governativo presentato ieri con il compito di chiarire la principale ambiguità del testo: la norma anti-ribaltone. Che succede se il premier eletto viene sfiduciato? Decide lui se passare il testimone a un esponente della sua maggioranza o se convocare i comizi elettorali.

Meloni accoglie il suggerimento di Violante per una legge elettorale con preferenze: "Sono favorevole a reintrodurle", e accoglie pure l’appunto dell’ex presidente della Camera sulla decurtazione dei poteri del Parlamento, declinando ogni responsabilità. "A soffocare il ruolo è stata la decretazione d’urgenza. Io sarei favorevole ad aumentare i poteri legislativi delle Camere. Parliamone". Forse sarebbe stato il caso di parlarne, o almeno di pensarci, prima di scrivere il testo della riforma.