Lunedì 1 Luglio 2024
GIULIA PROSPERETTI
Politica

Premierato, i costituzionalisti uniti: "È una legge populista, servirà il referendum"

In 185 hanno risposto all’appello della senatrice Segre, il professor Vittorio Angiolini: deriva mascherata da garanzia di stabilità

La premier Giorgia Meloni (Ansa)

La premier Giorgia Meloni (Ansa)

Roma, 19 giugno 2024 – “Stiamo assistendo a una riforma che, pur presentando molti rischi dal punto di vista tecnico e dell’architettura costituzionale, sembra essere presa con molta leggerezza. Sarebbe una svolta epocale per la nostra Costituzione che ci porterebbe, tra l’altro, in un campo del tutto sconosciuto: inaugurerebbe in Italia un sistema di Governo che non ha mai avuto precedenti in Europa. Ha avuto l’unico precedente in Israele, un’esperienza non particolarmente felice". Vittorio Angiolini, professore ordinario di Diritto costituzionale nell’Università degli Studi di Milano, tra i primi firmatari dell’appello promosso da Articolo 21, definisce il premierato "una deriva populista mascherata da garanzia di stabilità. Una deriva che porta alla riduzione dell’articolazione democratica di Stato e società".

I punti critici di questa riforma?

"Un primo, duplice, sta nell’essere del tutto inadeguata rispetto alle sue finalità: la stabilità del Governo e un maggiore peso democratico dei cittadini".

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Perché non sarebbe garanzia di maggiore stabilità?

"Secondo tale proposta la stabilità del governo dovrebbe essere raggiunta facendo un presidente del Consiglio elettivo con un potere di scioglimento libero, cioè orientato politicamente, a differenza dell’attuale che spetta solo al presidente della Repubblica; mentre per il governo resterebbe la necessità della fiducia parlamentare. Questo configura la situazione che, sia pure in un sistema di governo diverso da quello che si propone per l’Italia, si sta verificando in Francia. L’idea di una stabilità del governo così raggiunta non può funzionare bene perché si basa soltanto sulla possibilità del Parlamento di distruggere il Governo, votando la sfiducia, e del Governo di mandare a casa il Parlamento per ragioni esclusivamente politiche.Un sistema di questo genere, oltre a non garantire la stabilità rischia di trasformare il Parlamento in una cassa di risonanza del Governo".

Poi c’è la legge elettorale.

"Il Governo rimanda la questione perché non si riesce a immaginare una legge, conforme ai principi dati dalla Corte costituzionale, che funzioni in tale scenario. Bisogna capire, in presenza di più candidati, quale sarà la soglia minima percentuale fissata per accedere al premio di maggioranza. Soglia che per poter essere applicata andrebbe inserita in Costituzione. Ma anche nel caso di un eventuale ballottaggio tra i primi due bisogna calcolare che quando va bene il numero dei votanti è intorno al 60 per cento, dunque il presidente del Consiglio sarebbe espressione di una quota ampiamente minoritaria. Senza contare che chi vince il ballottaggio potrebbe, comunque, avere contro la maggioranza degli elettori".

Lo striscione appeso ieri da FdI diceva «con questa riforma decideranno gli italiani».

"È un’illusione dal momento che la complessità di una società moderna non è mai incarnata dal capo. E questa riforma, come l’hanno pensata, non sta in piedi".

Nell’appello dite che il presidente della Repubblica sarebbe ridotto ad un ruolo notarile.

"L’articolazione pluralistica dello Stato cadrebbe e sarebbe ridotto all’impotenza il principale organo di garanzia: gli si toglierebbe il potere di scioglimento e verrebbe meno l’attuale dinamica dell’equilibrio e del mantenimento dei poteri. Mi sembra che anche la finalità democratica sia tradita".

Auspica il referendum?

"Se non cambia qualcosa, penso che sarà quasi inevitabile. È lo scenario più probabile"