Roma, 20 agosto 2018 - Mentre il presidente del Consiglio Giuseppe Conte assicura che "arriveranno subito le case agli sfollati perché il governo non lascerà sola Genova", le principali autorità politiche liguri – il sindaco Marco Bucci e il governatore Giovanni Toti, entrambi di Forza Italia – iniziano a dire a chiare lettere quanto dicevano tra le righe. Il loro messaggio, ben diverso dalla posizione del governo, è che il ponte Morandi va ricostruito, e subito, che a farlo e pagare l’opera deve essere la società Autostrade per l’Italia. Un’opera indispensabile, dicono in coro Toti e Bucci, per far ripartire una città, Genova, oggi spezzata in due. Con una viabilità impazzita che l’ha divisa in due tronconi, il Ponente e il Levante; un porto che si è fermato, ma che resta il primo scalo italiano e il motore economico cittadino (55mila addetti); un traffico, quello dei tir, di cui il ponte Morandi era uno snodo strategico; una ferrovia pure ferma.
Le parole di Toti e Bucci sono, in sostanza, inequivocabili. "Tutto quello che può aiutare Genova e la Liguria a ripartire è positivo – dice il governatore ligure, che aspira sempre a essere nominato commissario per la ricostruzione – i colpevoli e le concessioni si discutono fuori dai confini della regione e nei tribunali", nota in polemica con Di Maio che ha bollato come "un’elemosina" l’offerta di Autostrade, "perché non si può fare la guerra sulla pelle dei genovesi". Rincara la dose il sindaco della Lanterna: "Siamo disponibili a confrontarci con tutti quelli che ci vogliono aiutare. Se un’impresa mi offre una strada gratis non posso dire di no. Certo, Autostrade non è un’impresa qualsiasi, ne parlerò col governo, ma non dico no in via pregiudiziale". Paradossalmente, la linea di Toti e Bucci è, di fatto, la stessa proposta di Autostrade per l’Italia, i cui vertici hanno offerto, oltre a scuse ‘gelide’ per la tragedia, 500 milioni di euro per aiutare Genova, dare sostegno alle famiglie delle vittime e, soprattutto, per ricostruire il ponte in "otto mesi".
Ma qui si entra in un campo minato, quello del braccio di ferro che contrappone il governo – seppure con posizioni diverse: durissima quella dei 5 Stelle, più sfumata la Lega – ad Autostrade per l’Italia con relativa procedura di revoca di tutte le concessioni autostradali garantite a quel gruppo. Certo, il ‘piano Giorgetti’ – così chiamato perché esposto ieri in un’intervista dal sottosegretario leghista alla presidenza del Consiglio – promette la "messa in sicurezza infrastrutturale" dell’intero Paese (Gronda di Ponente compresa) e di farlo in tempi brevi, ma per ora Conte preferisce mettere l’accento sui "fatti concreti" per Genova: fondi per la ricostruzione (quasi 30 i milioni già stanziati), case per gli sfollati ("entro otto settimane ci saranno alloggi per tutti", promette sempre Toti), aiuti per viabilità e scuole.
Ma Salvini conferma la linea dura intrapresa dal governo: "Andiamo avanti, 43 morti meritano giustizia. Autostrade deve vergognarsi, aprire il portafoglio, ricostruire e risarcire tutti". Però contro il leader leghista si scaglia il Pd, ricordando, con Debora Serracchiani, che nel 2008 Salvini e la Lega votarono a favore del cosiddetto ‘salva Benetton’ che diede al gruppo veneto concessioni vantaggiose per Autostrade: "Governava con Berlusconi. Ora non se lo ricorda più? Meglio rinfrescargli la memoria". Anche Beppe Grillo torna a parlare, ma per attaccare i Benetton, e rispolverando un suo vecchio cavallo di battaglia: "Le autostrade diventino gratuite. Non abbiamo pagato per decenni le tasse per arricchire Benetton e soci".