Ministro Piantedosi, nei quartieri attorno alle stazioni di Milano, Roma, Napoli, e non solo, i diritti delle donne, e non solo delle donne, sono a rischio. Lei a gennaio ha varato un piano per incrementare la vigilanza nelle tre cittài. Un miglioramento c’è stato ma chiaramente non abbastanza, come testimoniano i recenti atti di violenza. Cosa intende fare per rendere più efficace la risposta dello stato? Allargherete il piano ad altre aree metropolitane, lo rimodulerete?
“La gravità di quello che è avvenuto alla Stazione Centrale di Milano e la serietà della situazione non deve farci perdere di vista l’obiettivita’ del quadro generale. Se si guarda al dato statistico relativo alle condizioni di sicurezza delle nostre città, siamo messi molto meglio della maggior parte delle analoghe realtà europee e nordamericane. Non è un modo per sviare la discussione o sottrarci alle responsabilità ma al contrario uno stimolo a fare di più e meglio. Va considerato che nelle aree di Roma Termini e Milano Centrale, dopo la pandemia ogni giorno hanno ripreso a transitare all’incirca un milione di viaggiatori. Le nostre stazioni, sulle quali insistono molteplici attività commerciali, essendo punti di transito di migliaia di persone finiscono per attrarre fenomeni di emarginazione. Il problema esiste e proprio sulla base di questa consapevolezza abbiamo da tempo disposto frequenti operazioni ad alto impatto nelle stazioni. I positivi riscontri, non risolutivi del problema, mi hanno poi indotto a concordare con i Sindaci una direttiva per allargare i controlli nelle aree limitrofe ed inserire stabilmente questo rafforzato dispositivo di sicurezza nei piani di controllo coordinato del territorio“.
Con che obiettivo?
“Vogliamo continuare ad aumentare la presenza delle forze di polizia nei luoghi ad alta frequentazione: soprattutto le stazioni, ma anche ospedali e aree commerciali. Perché questo ha un impatto positivo sul piano della prevenzione e della dissuasione. Infatti, quando in questi luoghi, nonostante questa presenza rafforzata, purtroppo si sono consumati comunque dei delitti, il presidio costante delle forze di polizia ha consentito di individuare in tempi brevi ed assicurare alla giustizia i colpevoli. È successo per tutti i più gravi fatti di cronaca che negli ultimi mesi sono accaduti e che hanno destato particolare allarme e indignazione nell’opinione pubblica“.
Non crede che sia l’ora di allargare il Piano ad altre aree metropolitane?
La strategia, l’impegno e gli obiettivi sono gli stessi rispetto alle tre città più grandi: più divise tra la gente, nei luoghi dove ce ne è più bisogno, per garantire più sicurezza. Ho già incontrato in presenza o in videocollegamento i sindaci di tutte le città metropolitane per rafforzare i controlli nelle stazioni e non solo. Abbiamo avviato azioni specifiche su Firenze per la zona della Stazione S.M Novella, a Venezia nell’area di via Piave, a Bologna nel quartiere della Bolognina, a Torino in zona Barriera di Milano. Sono state avviate, sempre d’intesa con i Sindaci, iniziative che hanno già prodotto alcuni visibili risultati. Occorre insistere. Nei prossimi giorni sarò a Palermo e Bari, presto andrò anche a Genova e Cagliari“.
Basta una logica di polizia per risolvere il problema? Avete pensato a un intervento per ridurre l’area della marginalità che vive nelle aree degradate, offrendo loro delle alternative che consentano di avviare un percorso di integrazione?
“Il lavoro delle forze di polizia è fondamentale ma non basta. Occorre agire per combattere il degrado e la crescente emarginazione sociale che finiscono per alimentare fenomeni criminali e insicurezza. Degrado ed emarginazione si concentrano nelle stazioni perché si tratta di spazi dove tradizionalmente si ritrova una umanità sofferente che spesso preferisce un luogo ad alta frequentazione per sentirsi essa stessa più sicura. Problemi di sicurezza, di disagio e marginalità sociali sono strettamente legati. Per questo è importante l’interlocuzione e la leale collaborazione con i sindaci che a loro volta non vanno lasciati soli e vanno sostenuti. Questa è la direzione che ho voluto dare nel rapporto con i primi cittadini. Per questo stiamo orientando anche la destinazione di importanti risorse attingendo al fondo sicurezza urbana.
L’impressione è che una parte dei responsabili siano sempre gli stessi. Vengono arrestati, ma poi tornano a breve in libertà a fare quello che facevano prima: delinquere. Come se ne esce?
“Grazie alla professionalità delle forze di polizia, i responsabili dei singoli reati sono sempre più spesso individuati e assicurati alla giustizia. Poi è la legge a fare il proprio corso. Non credo che il carcere possa essere sempre l’unica soluzione. Per questo vanno potenziati anche altri strumenti di natura amministrativa, ad esempio per quanto riguarda la componente di crimini commessi da cittadini stranieri. Ad esempio, a Milano dall’inizio del 2023 gli omicidi volontari sono stati 11 contro i 13 dello stesso periodo del 2022 mentre le violenze sessuali sono state 87 rispetto alle 116 dell’anno scorso. Ecco perché da tempo si parla della opportunità di incrementare i rimpatri e le espulsioni, necessariamente potenziando i CPR. Sono centri di fondamentale importanza e va smentita una certa narrazione che tende a rappresentarli come luoghi dove vengono rinchiuse ingiustamente persone innocenti, macchiatesi solamente di violazioni amministrative. È una lettura smentita dai fatti e dalle stesse norme vigenti. Infatti va ricordato che ai CPR sono destinati solo gli stranieri irregolari più pericolosi che hanno ricevuto un decreto di espulsione convalidato da un magistrato. E vi vengono trattenuti proprio perché si sono caratterizzati per comportamenti pericolosi ed allarmanti“.
La vigilanza accresciuta, da lei disposta, a Milano ha portato, dal 16 gennaio al 27 aprile, secondo quanto comunicato dalla Prefettura, a ben 44.714 controlli, 633 denunce, 50 arresti, 301 provvedimenti di espulsione e 253 ordini di lasciare il territorio nazionale. Risultati notevoli. Ma quanti di questi due ultimi provvedimenti relativi agli immigrati sono stati effettivamente eseguiti?
“Sono dati che dimostrano appunto il forte impegno garantito dalle istituzioni per migliorare il livello di sicurezza nella Stazione Centrale di Milano e non solo. La situazione sta migliorando ma certamente non basta, come dimostra lo stupro avvenuto nell’ascensore, un fatto gravissimo e sconvolgente. Come dicevo, i provvedimenti relativi ai rimpatri ed alle espulsioni sono strettamente legati alla capienza e alla funzionalità dei CPR che garantiscono il 50% dei rimpatri di quanti sono lì trattenuti. Quanto ai divieti di accesso, si tratta di uno strumento importante per dare titolo alle forze dell’ordine di tenere lontane da quei luoghi le persone che vi facessero ritorno“.
La videosorveglianza con riconoscimento facciale in Italia è vietata almeno fino al 31 dicembre 2023, ma il divieto non si applica ai “trattamenti effettuati dalle autorità competenti a fini di prevenzione e repressione dei reati” se “in presenza di parere favorevole del Garante”. Ritiene che occorra lavorare su questo, assieme al Garante per la Privacy, e applicarla in aree critiche?
“La videosorveglianza è uno strumento ormai unanimemente riconosciuto come fondamentale. La sua progressiva estensione è obiettivo condiviso con tutti i Sindaci. Il riconoscimento facciale dà ulteriori e significative possibilità di prevenzione e indagine. È chiaro che il diritto alla sicurezza va bilanciato con il diritto alla privacy. C’è un punto di equilibrio che si può e di deve trovare. Proprio in questi giorni abbiamo avviato specifiche interlocuzioni con il Garante per trovare una soluzione condivisa”.
Lei ha proposto un forum delle aree metropolitane e una riforma della polizia locale. A che punto siamo nella concretizzazione di queste idee?
“Il forum è già attivo: è esattamente il tavolo dal quale sono partite tutte le proficue interlocuzioni con i Sindaci di cui le dicevo. È un luogo di confronto per rendere condivise e dunque ancor più efficaci le azioni sul territorio. Proprio in quel contesto abbiamo condiviso che la Polizia locale è parte essenziale del sistema della sicurezza e che occorre ogni possibile riflessione sull’adeguamento delle sue funzioni. In questo senso i sottosegretari Wanda Ferro e Nicola Molteni stanno portando avanti un lavoro prezioso. È stato avviato un gruppo di studio aperto alla partecipazione dell’Associazione dei Comuni e dell’Unione delle province che avrà il compito di elaborare analisi e documenti utili ad una possibile riforma“.