Roma, 21 marzo 2025 – "Non esiste ancora una difesa comune. E tantomeno una spesa comune per la difesa". Daniel Gros, direttore dell’Institute for European Policymaking all’Università Bocconi, economista tedesco di lungo corso e attento osservatore delle vicende del Vecchio continente, non usa mezze parole per fotografare l’attuale situazione dell’Europa, segnata dalle inevitabili divisioni fra i Paesi anche in un momento così delicato dal punto di vista geopolitico.

Professore, l’Europa punta a difendersi da sola. Ma da dove arriveranno gli 800 miliardi per il programma Rearm UE? Chi paga il conto?
"Per ora, più che un programma si tratta di una speranza, anche perché c’è una grande differenza tra i singoli Paesi per quanto riguarda la capacità di spesa. La Germania e i Paesi nordici hanno risparmiato in passato e oggi sono in grado di fare altro debito per il riarmo. L’Italia ha margini molto ridotti. Difficile possa fare altro debito".
E allora?
"Al di là delle risorse, c’è un altro problema: non abbiamo una struttura europea per la difesa. Chi decide cosa acquistare e da chi? Teoricamente bisognerebbe rivolgersi alle imprese che offrono i prodotti più competitivi, ma senza un centro di coordinamento tutto questo è impraticabile".
Se gli Stati non hanno le risorse necessarie, non sarebbe meglio fare debito comune, come è successo con il Next Generation UE?
"Un bis di quel programma non è attualmente possibile, perché significherebbe dare agli Stati una dote da spendere con ampi margini di autonomia. Non è questa la strada".
Che cosa bisognerebbe fare?
"Partire subito con progetti concreti; penso a un sistema antimissilistico comune. Ma, senza andare troppo lontano, credo che già oggi esista una difesa comune europea, e si chiama Ucraina. Occorre continuare a supportarla dal punto di vista degli armamenti. Non si può lasciare il campo alla Russia: Kiev non può difendersi da sola".
Non è arrivato il momento di cambiare anche la governance del Vecchio continente?
"Ovviamente sì. E se prima si poteva usare il condizionale, oggi si tratta di un percorso obbligato. Ma la strada resta difficile. Per il debito comune occorrerebbe avere stessa visione e stessi obiettivi. Non mi pare siamo in queste condizioni. Gli spagnoli potrebbero frenare sostenendo che i carri armati russi non supereranno mai loro confini. L’Italia, da parte sua, potrebbe dire di non avere le risorse necessarie per il riarmo europeo. E così via… Lo ripeto, al momento non c’è una struttura unica europea in grado di gestire la difesa comune".