Roma, 8 ottobre 2018 - Il cantiere pensioni riserva altre due novità che potrebbero entrare a far parte del pacchetto previdenza della legge di Bilancio 2019: una penalizzazione economica (e non un vero divieto di cumulo vecchia maniera) per chi andrà in pensione in anticipo (con quota 100 e con un assegno superiore ai 1.000-1.500 euro mensili) e vorrà, però, continuare a lavorare con altri contratti; ma, soprattutto, lo stop del meccanismo che lega età pensionabile e aspettativa di vita a 67 anni, il livello che si raggiungerà l’anno prossimo. Il che vuol dire che ci si fermerà a quella soglia e non ci saranno più gli adeguamenti biennali previsti dalla legge Fornero.
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Chi sta lavorando al dossier spiega che il cuore delle novità in arrivo è definito. In primo piano la cosiddetta quota 100 (intesa come somma di età e contributi) come nuovo lasciapassare che dovrebbe permettere l’uscita anticipata (rispetto ai requisiti attuali) di circa 400mila lavoratori il prossimo anno. La formula base per conquistare l’assegno con un anticipo che potrà arrivare a 5 anni è data dalla somma tra 38 anni di contributi e 62 anni di età: certo, si potrà lasciare con combinazioni più elevate (39 e 62, 40 e 62, 38 e 63, 38 e 64 e via di seguito), mai con combinazioni che vadano sotto i due limiti minimi. L’operazione dovrebbe costare 7-8 miliardi e per renderla meno onerosa si ipotizzano sia l’esclusione dei contributi figurativi dal computo sia qualche forma di penalità in rapporto agli anni anticipati: per esempio 1,5 per cento in meno per ogni anno. Nelle ultime ore, però, è emersa anche l’ipotesi di prevedere una decurtazione della pensione o della retribuzione nel caso in cui il pensionato in anticipo continui a lavorare come dipendente o come autonomo: il taglio potrebbe arrivare anche a un terzo (e fino alla metà) del trattamento previdenziale o a un analogo importo dello stipendio o dei compensi lavorativi. Sempre che, però, la pensione sia superiore a 1.000-1.500 euro netti mensili. Il tutto con l’obiettivo di favorire la staffetta generazionale: l’ingresso di due giovani neoassunti a fronte di un neopensionato. In ballo, però, c’è anche un’altra innovazione che potrebbe cambiare l’intera traiettoria della legge Fornero: innanzitutto lo stop all’aumento di ulteriori cinque mesi di contributi nel 2019 per i requisiti richiesti per il pensionamento anticipato (ci si fermerebbe ai 42 anni e 10 mesi per gli uomini e ai 41 e 10 mesi per le donne). L’età pensionabile, invece, salirebbe, per la pensione di vecchiaia, a 67 anni, sempre nel 2019, ma si bloccherebbe a quel livello, senza nuovi salti in avanti nel 2021, 2023, 2025 e via di seguito, fino a 70 anni e oltre. Di fatto verrebbe neutralizzato il congegno che lega automaticamente l’età pensionabile alla speranza di vita, con incrementi progressivi della prima in relazione a quello che certifica l’Istat per la seconda. Una soluzione che inciderebbe strutturalmente sul futuro del sistema previdenziale e che potrebbe comunque essere messa in discussione negli anni a venire. Ma che, almeno fino al 2023, impedirebbe l’innalzamento dei requisiti di altri 5-6 mesi.
STAFFETTA GENERAZIONALE - Non ci sarà un divieto di cumulo vecchia maniera, ma nel cantiere pensioni è prevista una penalizzazione economica per chi andrà in pensione in anticipo (con quota 100 e assegno oltre i 1.000-1.500 euro mensili) e vorrà comunque continuare a lavorare con altri contratti. L’obiettivo dichiarato è favorire la staffetta generazionale: l’ingresso di due giovani neoassuntiper ogni neopensionato
ETA' E CONTRIBUTI - In ballo un’altra innovazione che potrebbe cambiare del tutto la logica della legge Fornero: stop all’aumento di ulteriori 5 mesi di contributi nel 2019 per i requisiti richiesti per il pensionamento anticipato. E poi dal 2019 l’età pensionabile, per la pensione di vecchiaia, si fermerebbe a 67 anni, neutralizzando di fatto il meccanismo che lega automaticamente l’età per l’uscita dal lavoro alla speranza di vita.