Lunedì 23 Dicembre 2024
CLAUDIA MARIN
Politica

Pensioni, da quota 100 all'assegno minimo: tutte le novità allo studio del governo

Le ultime ipotesi in gioco per riformare il sistema pensionistico Pensioni, quota 100: spunta l'ipotesi 36-37 anni di contributi

Il ministro dell'Economia, Giovanni Tria (Ansa)

Roma, 23 settembre 2018 - Dall'uscita anticipata con quota 100 al taglio delle pensioni d'oro superiori a 4.500 euro netti mensili, ecco tutte le misure allo studio del governo gialloverde per riformare il sistema pensionistico. 

USCITA ANTICIPATA CON QUOTA 100 - L’ultima versione della fatidica ‘quota 100’ (intesa come somma di età e contributi) per arrivare a conquistare la pensione fissa due paletti di accesso: il primo è quello dell’età minima, che dovrebbe essere stabilita a 62 anni, il secondo è quello della contribuzione minima, che oscilla tra i 36 e i 37 anni di versamenti. A conti fatti le combinazioni possibili più basse dovrebbero essere: 62 anni di età e 38 di contributi o 63 e 37. Se, invece, il paletto scende a 36 anni, avremmo anche 64 e 36. Ammesse, di conseguenza, tutte le quote superiori che portano la somma a un livello più elevato di 100. Esclusa, al contrario, la formula 65 e 35. A meno che non venga fatto rientrare all’ultimo momento.

ASSEGNO MINIMO 780 EURO AL MESE - L’ipotesi di base dei 5 Stelle è quella di introdurre una sorta di pensione di cittadinanza, sul modello del relativo reddito, pari a 780 euro mensili. Fatta questa premessa, la conseguenza sarebbe quella di elevare a questa cifra tutti i trattamenti previdenziali e assistenziali destinati a pensionati al di sotto dell’importo indicato: parliamo di 4,5 milioni di trattamenti. Ci vorrebbero oltre 10 miliardi di euro. Ben differente sarebbe l’impatto sui conti pubblici se si utilizzasse il criterio alla base della proposta originaria dei grillini: l’aumento scatterebbe solo per i nuclei familiari con un reddito familiare complessivo al di sotto della soglia di povertà. Per questa soluzione basterebbero due miliardi di euro.

PACE CONTRIBUTIVA, RISCATTO DELLA LAUREA AGEVOLATO - È l'ultima frontiera della "pace" con l’erario e assume le forme della "pace contributiva" con l’Inps. Una formula per indicare una serie di possibili vie agevolate per coprire buchi contributivi, riscattare gli anni della laurea, sistemare (per i datori di lavoro) pendenze previdenziali dei propri dipendenti. Fino alla possibilità di versamenti volontari per gli anni non lavorati. Per il riscatto della laurea, per esempio, si ipotizzano costi più che dimezzati rispetto a quelli attuali: con un’aliquota pari al 25 per cento di quanto dovuto. E, ugualmente, lo stesso criterio potrebbe essere applicato per i versamenti volontari. L’obiettivo, in tutti i casi, è quello di favorire il raggiungimento dei requisiti per lasciare il lavoro in anticipo. 

TAGLIO ALLE PENSIONI D'ORO - L’ultima proposta messa a punto dai grillini e dalla Lega, dopo il braccio di ferro andato avanti per tutta l’estate, ipotizza un taglio delle pensioni d’oro superiori a 4.500 euro netti mensili, con una sforbiciata netta oscillante in media intorno al 15 per cento. La mannaia si abbatterebbe sugli assegni pari o superiori a circa 90mila euro lordi l’anno circa. In totale sarebbero interessati circa 40mila pensionati (50mila se si sommano più trattamenti in capo a una stessa persona). Restano le perplessità di natura costituzionale, però, su un intervento che si baserebbe sul ricalcolo delle pensioni non tanto sulla base dei contributi versati, ma sulla scorta dell’età di uscita.