Lunedì 25 Novembre 2024
CLAUDIA MARIN
Politica

Pensioni d'oro, dossier della Lega: "I tagli colpiscono Nord e donne"

Brambilla, consigliere di Salvini, smonta il piano dei Cinquestelle

Inps (Foto Germogli)

Inps (Foto Germogli)

Roma, 29 agosto 2018 - «Le categorie più colpite sarebbero i pensionati di anzianità che hanno contribuito di più (Italia del Nord e in parte al Centro), i lavoratori precoci e le donne la cui età legale di vecchiaia è sempre stata, fino al 2011, di 5 anni inferiore a quella degli uomini». È uno dei passaggi chiave di un corposo dossier di 37 pagine dedicato a demolire punto per punto la proposta di legge dei 5 Stelle (originariamente firmata anche dalla Lega, ma poi messa in discussione) sul taglio delle cosiddette pensioni d’oro: quelle superiori formalmente a 4mila euro netti mensili, ma in realtà superiori a 3.800. A realizzarlo è stato Alberto Brambilla, numero uno di 'Itinerari previdenziali' e soprattutto ascoltato consigliere di Matteo Salvini su lavoro e pensioni, insieme con due super-esperti del settore, come Antonietta Mundo (già alla guida del coordinamento statistico dell’Inps) e Gianni Geroldi, ex direttore della previdenza del ministero del Lavoro.

II rapporto è finito sulla scrivania del leader del Carroccio già da qualche giorno ed è alla base della sconfessione di fatto del pacchetto grillino annunciata proprio da uno dei firmatari originari della proposta, il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari. «Bisogna trovare un correttivo – ha spiegato diplomaticamente intorno a Ferragosto –. La Lega pensa a un taglio che porti un contributo di solidarietà delle pensioni più alte a favore di quelle basse. Posso assicurare che nessuno vuole espropriare le pensioni. Né va penalizzato chi è andato in pensione prima con una quota di retributivo maggiore, visto che lo prevedeva la legge».

II problema è che la soluzione partorita in casa 5 Stelle presenta una serie di controindicazioni e di vizi d’origine che non è emendabile. E il contributo di solidarietà di matrice leghista è l’esatto opposto di quello che ipotizzano i grillini.

Il principale e grave difetto, secondo Brambilla e gli altri autori del dossier, è proprio nel dato di partenza: «Il ricalcolo delle pensioni cosiddette d’oro o di privilegio, applicando il metodo di calcolo contributivo, così come previsto dal Progetto di legge, non è assolutamente un ricalcolo ma solo una riduzione delle pensioni» basata sull’età della persona al momento del pensionamento. «Tutto ciò – si legge nello studio – implica una rimodulazione delle ‘regole’ in modo retroattivo ed è quindi una operazione che può presentare una lesione della certezza del diritto e profili di incostituzionalità».

In sostanza, non potendo davvero effettuare il ricalcolo sulla scorta dei contributi effettivamente versati, perché è un’operazione tecnicamente impossibile (gli archivi Inps e ex Inpdap non lo consentono o lo permettono solo in minima parte), si sceglie la scorciatoia fittizia dell’età di uscita. Prima si è andati via, più si è penalizzati, a prescindere dai versamenti effettuati. Con una penalizzazione media dell’11,6 per cento, ma che può arrivare anche oltre il 20 per cento.

L’elenco dei potenziali penalizzati, sulla base del criterio dell’età, è lunghissimo, ma «le categorie più colpite» sono i pensionati di anzianità, donne e precoci: «Il 70 per cento delle pensioni che verrebbero decurtate – a conti fatti circa 80mila – sono pagate al Nord dove prevalgono di gran lunga le pensioni di anzianità e questo potrebbe creare qualche problema all’elettorato della Lega perché ci sarebbe un trasferimento Nord-Sud in quanto la maggioranza delle pensioni assistite è proprio al Sud». Secca la conclusione: «Questa operazione ‘rischiosa’ dal punto di vista giuslavoristico produrrebbe un ricavo di circa 330 milioni, che si possono ridurre ulteriormente per i costi complessivi». Fino al rischio di dover restituire tutto, con interessi e risarcimenti, per effetto di una probabile sentenza della Corte costituzionale.