Roma, 23 agosto 2024 – Da qualche giorno la costruzione del nuovissimo campo largo procede con meno armonia. E la colpa non è di Matteo Renzi, che chiede insistentemente di farne parte (magari, come Jep Gambardella, per avere il potere di farlo fallire), bensì del sontuoso duello fra i due Beppe. Conte e Grillo. Conte da tempo vuole rendere il partito di cui è a capo completamente autonomo da Grillo, co-fondatore e garante. Giuridicamente, politicamente, culturalmente.
Ma l’ex comico conserva l’animo del dinamitardo, non si ritira dalle scene della politica ed è assai preoccupato per i risultati del suo M5s. Sa che il Movimento che funziona di più è quello che sta all’opposizione, anche di se stesso, e nel quale prevale la ‘pars destruens’ su quella ‘costruens’. Il populismo d’altronde ha successo solo se è incontaminato, non se si mette la pochette.
Non è chiaro quale sarà l’esito dello scontro, in questo turbinio post-ferragostano di carte bollate (minacciate) sulla titolarità legale del logo del Movimento e imminenti costituenti del PdC (Partito di Conte).
Senz’altro per il campo largo non è una buona notizia. Renzi ha ragione quando dice che l’unica possibilità di una futura vittoria per l’opposizione al governo Meloni è quella di stare più uniti possibile. Non ci sono ipotetiche terze vie, almeno per ora. Nonostante tutti i suoi problemi, l’esecutivo sta sopravvivendo anche ai propri limiti, dunque il frazionismo (figuriamoci una scissione) può soltanto essere d’aiuto alla maggioranza.
La tenuta del campo largo tuttavia ha già non pochi limiti, come dimostra anche la vicenda di Bari, dove l’alleanza fra Pd e 5 Stelle ha resistito meno di uno yogurt; alla prima seduta del consiglio comunale il gruppo consigliare del M5s ha annunciato di non voler far parte della maggioranza di centrosinistra e di volersi limitare all’appoggio esterno. L’inaffidabilità del M5s potrebbe rivelarsi il peggior nemico dei propositi testardamente unitari del Pd.